Corriere della Sera, 11 febbraio 2021
Lite sulla biografia di Hitchens
Martin Amis, che fu grande amico di Christopher Hitchens (1949-2011), diceva che per uno scrittore il vero banco di prova è la morte. Prima della fine, secondo Amis, non ci è dato conoscere il valore di un artista.
Se il banco di prova è il tempo, Hitchens – giornalista, scrittore e celebre polemista britannico naturalizzato americano, a lungo collaboratore del «Corriere» – ha superato l’esame a pieni voti. A quasi dieci anni dalla morte, avvenuta a Houston, in Texas, il suo nome torna ad accendere le discussioni. Questa volta al centro della disputa c’è la sua biografia, firmata da Stephen Phillips, che l’editore americano W. W. Norton ha in programma di pubblicare il prossimo anno. Come riporta il «New York Times», la vedova di Christopher, Carol Blue-Hitchens, insieme con il suo agente letterario, Steve Wasserman, sta incoraggiando membri della famiglia, amici ed ex colleghi di Hitchens a non parlare con Phillips.
«Sappiamo – si legge in una email fatta circolare dai due – che un aspirante biografo si è avventurato in un libro su Christopher. Abbiamo letto la sua proposta e siamo sconcertati dal suo approccio grossolano e riduttivo. Non abbiamo nessuna fiducia in questo tentativo. Abbiamo deciso di non cooperare e vi chiediamo di rifiutare ogni collaborazione con il signor Phillips e il suo editore». Il titolo del libro, ancora provvisorio, è Pamphleteer. The Life and Times of Christopher Hitchens.
Non c’è pace per Hitchens, che in carriera aveva messo tra i suoi bersagli polemici l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger e persino Madre Teresa; che fino all’ultimo, nonostante il cancro all’esofago che lo stava divorando, non rinunciò a grandi bevute e fumate.
Phillips non è il primo a dedicare un’opera biografica a Hitchens: nel 2016 Larry Alex Taunton scrisse The Faith of Christopher Hitchens, nel quale afferma che lo scrittore, notoriamente ateo, si fosse aperto al credo cristiano. Anche in quel caso Wasserman negò la bontà del lavoro e l’azzardo di una simile ipotesi. Il nuovo libro di Amis, anche lui britannico trapiantato negli Stati Uniti, è un omaggio proprio a Hitchens: si intitola Inside Story (Einaudi lo pubblicherà all’inizio del 2022) e nasce dalla difficoltà di affrontare il vuoto lasciato dalla scomparsa dell’amico.
In Dio non è grande (Einaudi, 2007), tra i libri più fortunati, Hitchens ribadì l’avversione alla religione mentre i saggi postumi di Mortalità (Piemme, 2012) raccolgono le riflessioni sulla morte e sulla salvezza insita nella letteratura. «A qualunque tipo di gara la vita mi costringa a partecipare – scrisse su “Vanity Fair” dopo aver scoperto la malattia – mi sono reso improvvisamente conto di essere un finalista».