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 2021  febbraio 11 Giovedì calendario

Quali basi per una nuova democrazia?

La democrazia, per sopravvivere, necessita di un livello minimo di verità comunemente accettata. Con l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio gli Stati Uniti hanno dimostrato quanto sia pericoloso quando milioni di cittadini sono portati a negare una realtà importante, verificata, come l’esito delle elezioni. Per prosperare la democrazia ha bisogno di una sfera pubblica in cui i cittadini e i loro rappresentanti si impegnano in un dibattito sulla base di dati di fatto accettati. Ricostruire quel genere di sfera pubblica è essenziale al rinnovamento della democrazia liberale. Chiamiamola la controffensiva dei fatti.
Il concetto di base risale agli esordi della democrazia, 2.500 anni or sono. I cittadini dell’antica Atene si riunivano in assemblea in uno spazio aperto, la Pnice – l’arena pubblica. L’araldo chiedeva: “Chi vuole prendere la parola?” e qualunque cittadino poteva salire su un podio di pietra ed esprimersi. Dopo che fatti e opinioni erano stati dibattuti, veniva messa ai voti una strategia.
Fu così che gli ateniesi decisero di combattere gli invasori persiani sul mare, nella battaglia di Salamina, salvando la prima democrazia del mondo. Di certo l’antica Atene non riuscì a corrispondere in tutto e per tutto al proprio ideale di espressione libera e paritaria per il bene comune. Né c’è riuscita “l’arena pubblica” statunitense, neanche prima di Fox News e Facebook.
Attenti al mito dell’epoca d’oro pre-Zuckerberg, in cui solo la verità usciva dalla bocca di giornalisti di alto profilo morale e tutti i cittadini erano razionali, informati e rispettosi. Ma le democrazie negli ultimi anni hanno preso le distanze dall’ideale ateniese, in certi casi a passo rapido (Usa e Polonia) in altri più lento (Germania e Gran Bretagna).
Per fronteggiare questa sfida servono due strategie parallele. La prima impone alle singole democrazie di affrontare i problemi peculiari dei propri sistemi nazionali di informazione. In Gran Bretagna, ad esempio, la battaglia per tutelare e migliorare la Bbc è più importante di ogni altra iniziativa del governo nei confronti di Facebook o Twitter. Un’emittente pubblica come la Bbc fornisce non solo fatti verificati ma anche interpretazioni selezionate con cura: è una Pnice digitale. In generale ogni democrazia che possa contare su un servizio pubblico che si rispetti dovrebbe raddoppiarne il bilancio, rafforzarne l’indipendenza e assegnargli il compito di arricchire l’arena pubblica digitale a vantaggio dei cittadini di domani. In Polonia, dove l’emittente pubblica è stata distrutta dal partito populista al governo, la priorità è difendere i media privati indipendenti, come Tvn, Onet.pl, Oko.press e il gruppo Agora con il quotidiano Gazeta Wyborcza. Tutti sotto attacco, bersaglio di misure estratte dal manuale di Orbán in Ungheria.
Negli Usa non mancano i media privati liberi e di vario orientamento, tra cui eccellenze a livello mondiale. Il problema è che il grosso del pubblico americano è spaccato tra due mondi distinti, ciascuno con i propri canali tv, radio, YouTube, Facebook e Twitter (come @ realDonaldTrump recentemente sospeso) che forniscono versioni incompatibili della realtà. È come se metà dei cittadini dell’antica Atene si fosse riunita in assemblea sulla Pnice ad ascoltare Pericle e l’altra metà avesse affollato una contro-Pnice per farsi ammaliare dall’aspirante tiranno Ippia Donald J. Come riunire gli americani e far sì che si ascoltino a vicenda?
Ma nessuna nazione da sola ha la forza di tener testa alle superpotenze private del mondo digitale – Facebook, Google, Amazon, Twitter, Apple, Netflix. La seconda strategia prevede l’azione coordinata di una massa critica di democrazie, a partire dagli Usa e dall’Ue. Al di fuori della Cina sono gli Usa a dettare le tendenze in campo digitale, l’Ue le norme. Uniti, con altre grandi democrazie, danno vita a un potere normativo e di mercato a cui persino sua altezza digitale Mark Zuckerberg è costretto a inchinarsi. Quando sento i politici pontificare su Facebook e Google, mi torna in mente l’osservazione di H. L. Mencken: «Per ogni problema c’è sempre una soluzione chiara, semplice e sbagliata».
Le colossali piattaforme americane a scopo di lucro non sono né semplici vettori di dati né editori, bensì una via di mezzo.
Tramite algoritmi selezionano, distribuiscono e promuovono contenuti forniti da terzi e, al contempo, raccolgono e sfruttano i nostri dati a fini commerciali. Nel migliore dei casi sono importanti sussidi per la ricerca della verità, nel peggiore sono amplificatori di bugie. La ricerca del profitto li spinge verso il lato oscuro, perché l’algoritmo premia il parametro dell’attenzione, con il suo valore economico. Un rapporto interno di Facebook del 2016 rivelava che il 64% degli aderenti a un gruppo estremista si era iscritto solo perché l’algoritmo della società glielo aveva consigliato.
Bisogna avviare un’iniziativa, guidata da Usa e Ue, per distillare politiche coerenti da studi già esistenti. Alcune, come l’emendamento della sezione 230 del Communications Decency Act al fine di assegnare alle piattaforme la responsabilità diretta di limitare i contenuti nocivi, dipenderanno dal nuovo Congresso Usa. Altre, come infrangere i monopoli, richiederanno una combinazione strategica di politica della concorrenza Ue e normativa anti trust Usa rivista. Sulla moderazione dei contenuti, sarà opportuno ampliare il modello ibrido di regolamentazione sperimentato nel nuovo Organismo di vigilanza di Facebook che ha iniziato a pronunciarsi. Per arrivare a soluzioni valide saranno determinanti innovazione tecnologica, cultura imprenditoriale, fact-checking, educazione digitale nonché regole di emanazione democratica.
Dovrebbe derivarne un insieme di proposte da sottoporre al «vertice delle democrazie» ideato dal presidente americano Joe Biden. Ovviamente 80 Paesi diversi non adotteranno misure identiche. Ma i principi di base devono essere coerenti, altrimenti l’Internet dei liberi, che ha già perso la Cina, diventerà più frammentato e controllato dai singoli Stati, il cosiddetto splinternet. Le potenze private saranno le sole a poter sostenere i costi del rispetto di 80 diverse normative, rafforzando così la tendenza al monopolio. Poiché si tratta di società americane, una responsabilità particolare ricade su Washington. Gli Usa di Biden hanno l’opportunità di dimostrare che sanno ascoltare oltre che comandare.