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 2021  febbraio 10 Mercoledì calendario

Biografia di James Spithill (timoniere di Luna Rossa)

Premonizione e ostinazione. Quando l’Australia vince la Coppa America nel 1983 a Newport, James ha solo 4 anni, ma il caso vuole che Colin Beashel, addetto alla randa su Australia II, sia vicino di casa della famiglia Spithill. «Ha partecipato anche a 5 Olimpiadi ed è stato campione del mondo Star. Ho apprezzato la sua calma e discrezione. Mi ha insegnato molte cose nella vela. Come Rob Brown altro che stava su quella barca. Anche lui mio vicino a Elvina Bay, a Sydney, dove stavano un gran numero di velisti professionisti. Con Rob passavo ore a fare domande di barche, di Coppa, di vela». Quattro anni più tardi Perth ospita la difesa dell’America’s Cup, la prima che si disputa fuori dagli Stati Uniti. È un evento epocale anche per il giovane James Spithill che va a scuola con uno zaino con i colori della bandiera. Vuole a tutti i costi essere parte dell’evento. E una mattina ai genitori dice: «Un giorno parteciperò alla Coppa». Mamma e papà che erano cittadini nella categoria battlers coloro cioé che dovevano combattere per arrivare a fine mese, liquidano il figlio di neppure 10 anni con un «Come no». Ritenendo l’ipotesi un’assurdità di un ragazzino.

Il medico
James Spithill per anni arriva a scuola (che non amava troppo) non come tutti i coetanei cavalcando una bici, o uno skate, ma su una barca a vela. Perché i genitori si erano trasferiti in un cottage dall’altra parte della baia. La vita però si mette di traverso: la sua gamba destra è più corta della sinistra. A 12 anni è nello studio di un dottore che sentenzia: «Non credo che vostro figlio riuscirà mai nello sport». Per il lentigginoso James quel consulto seguito da interventi chirurgici e terapie, è come una coltellata. Lui vive per lo sport: vela, rugby, boxe che gli serve anche per regolare i conti con i bulli della scuola che lo prendono in giro e a volte lo pestano perché ha i capelli rossi. Ma lui non ci sta a farsi mettere i piedi in testa e nel provino per entrare nella squadra di rugby della scuola ne prende (e da) così tante che esce dal campo tutto insanguinato, ma con l’ammirazione del coach che lo mette in squadra. La vela, però, è la sua passione, si fa prestare la barca del circolo, ci fa le regate, si allena come un matto. Per guadagnare fa il muratore, lavora nei cantieri navali, s’inventa mestieri. Riesce a comprare la prima barca, un dinghy azzurro di nome Manly Junior, e nel 1998 partecipa alla Sydney-Hobart.

Mal di mare
Purtroppo per il giovane Spithill quella è la peggiore edizione nella storia ultra 70enne della regata d’altura più famosa dell’emisfero australe (muoiono anche 6 velisti), Jimmy se la cava con tanto mal di mare (di cui si vergogna) e due giorni a pregare che la barca non si spacchi in due. Siamo all’incontro del destino: la Coppa America. Syd Fisher è un appassionato (danaroso) velista australiano, icona in Coppa America con 5 partecipazioni: l’ultima delle quali la vuole fare per lanciare i giovani. E James (o Jimmy come lo chiamano gli amici), appena 20enne è il timoniere. E’ una trasferta super low cost, con le signore di Sydney che portano alla partenza torte e marmellate. Qualcuno regala le bici per muoversi ad Auckland. Il viaggio lo fanno in nave e quella città entra nel destino di Spithill. La Coppa America è una sfida per miliardari, ma Young Australia ha una barca vecchia, non ha neppure la base, usa una vecchia chiatta grigia mezza arrugginita, che nel cuore del porto turistico «non ci volevano neppure fare ormeggiare. Stavamo in un ostello». E’ il momento della svolta nella carriera: “di un ventenne con la testa da quarantenne” come lo avrebbe definito Syd Fisher. Il sogno del bambino con le lentiggini e lo zaino con la bandiera australiana diventa realtà: in quella Coppa non vince nulla, ma dall’anno dopo entra nel grande giro della vela professionista e l’Americas’s Cup non uscirà più dalla sua vita. Appiccicandogli addosso il nome che è perfetto per la tua tecnica aggressiva di regata: Pitbull. Jimmy sorride.

Pitbull
Era arrivato ad Auckland la prima volta a cavallo di una bici, oggi è un quarantenne, con due figli, che con la Coppa si è costruito un solido futuro economicamente parlando. Ha pure scritto un libro (50 nodi) ed è l’unico timoniere che ha partecipato alle ultime 7 edizioni vincendone due. Con qualche ruga in più non ha perso lo sguardo da killer. «Raccontare l’adrenalina che si vive nei 2 minuti del prepartenza è difficile, dico però che quei 120 secondi sono il motivo per cui siamo lì. Lo stress? Penso che il modo migliore per prendere buone decisioni in situazioni di ansia sia restare calmo e calcolatore». Da quando era ragazzo una cosa non ha mai smesso di fare: «Tutte le mattine mi alleno con la boxe. Quando la scelsi da ragazzo pensavo potesse essere una risposta alla stupidità». Jimmy ha attraversato le barche e attraversato diverse ere di Coppa: «Quanto velocemente le cose possono cambiare e quanto è unica ogni campagna. È una grande opportunità per conoscere te stesso. Mi piace navigare con le barche: premiano il buon lavoro di squadra e mi piace puntare sempre il limite».

Velocità
E sulla velocità degli Ac75: «Fino a quando restano sui foil io sono felice...». Scherza scongiurando una paura da timoniere. Che guarda Luna Rossa così. «Siamo stati abbastanza fortunati ad aver continuato a regatare. Credo che ci servisse quella semifinale. In realtà penso sia stato un vantaggio passare attraverso un turno in più: perché siamo molto più forti per questo». E’ stato due volte in Coppa con Ben Ainslie, il timoniere degli inglesi: «Nel 2003 quando ero su One World (ed eliminò Luna Rossa, ndr) e ancora nel 2013 con Oracle (quando assieme completarono la più incredibile vittoria della storia di questa regata da 1-8 a 9-1, ndr). E’ un grande velista e un grande avversario». Poche ore e poi ci sarà la finale della Prada Cup contro Ineos: «Sarà una dura battaglia, si spera una grande battaglia fino alla fine. Sappiamo che c’è molto di più sul tavolo e faremo di tutto per ottenere un po’ di vendetta...».