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 2021  febbraio 10 Mercoledì calendario

I giganti del web dovranno pagare i media per pubblicare notizie


BRUXELLES — Il Parlamento europeo punta a costringere le grandi aziende digitali come Google e Facebook a pagare i media tradizionali per l’utilizzo delle news sulle loro piattaforme. Sarà una battaglia dura, ma a Bruxelles c’è ottimismo in quanto le principali famiglie politiche europee al momento sostengono l’iniziativa. L’idea è di emendare le due maxi direttive sull’universo digitale – Dsa e Dma – proposte a dicembre dalla Commissione di Ursula von der Leyen inserendo un obbligo alla remunerazione sulla falsa riga del modello australiano.Il provvedimento mira a garantire il rispetto del diritto d’autore nel digitale e salvaguardare il futuro del giornalismo indipendente, già definito dalla Ue un bene primario per difendere democrazia e stato di diritto. Per il Financial Times, l’iniziativa sarebbe un colpo duro per Google, che ha già minacciato di lasciare l’Australia per la legge a cui ora si ispira l’Europa mentre Facebook ha detto che potrebbe impedire agli australiani di condividere le notizie.Il Parlamento europeo punta a rinforzare la direttiva sul copyright approvata due anni fa che introduce l’obbligo in capo alle piattaforme di negoziare con gli editori il giusto compenso per l’informazione. Quel testo era stato aspramente combattuto dalla Silicon Valley, che aveva scatenato una pesante guerra di lobby e in parte di fake news, come l’inesistente “Link tax”, mobilitando l’opinione pubblica al punto che diversi eurodeputati nei giorni precedenti al voto in aula avevano ricevuto minacce di morte.Oggi appare evidente che quel testo non è sufficiente per forzare social e piattaforme a pagare l’uso delle notizie dei media tradizionali grazie alle quali generano traffico lucrando su pubblicità e dati. Ecco perché gli europarlamentari puntano sull’obbligo “australiano” di arbitrati con gli editori, mettendo fine alla melina delle Big tech nei negoziati, e di informare dei cambiamenti su come classificano le notizie sui loro siti. Secondo Alex Saliba, eurodeputato (Socialisti e democratici) relatore sui servizi digitali, l’approccio australiano cerca di risolvere «il grosso sbilanciamento nel potere di contrattazione» tra editori e Big tech. Sandro Gozi, capofila sul dossier di Renew Europe (il partito Ue di Macron), aggiunge: «Siamo assolutamente convinti: devono pagare per le news e non credo proprio che come ritorsione potranno permettersi di lasciare l’Unione».Sarà una lunga battaglia, serviranno almeno due anni per l’approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio Ue. A Bruxelles si pronostica che le aziende del digitale cercheranno di bloccare il modello australiano e più in generale il Digital Service Act e il Digital Market Act, i testi nei quali si punta a infilare la nuova norma a favore del giornalismo già invisi alla Silicon Valley in quanto introducono limiti ai loro monopoli e una nuova forma di responsabilità per quanto viene pubblicato sulle loro piattaforme.Eppure a Bruxelles c’è ottimismo. La “norma australiana”, al momento, viene appoggiata da Socialisti e democratici (Pse), Renew, Verdi, sinistra (Gue) e da buona parte del Ppe. Una maggioranza sufficiente a far passare il testo, che dovrà poi essere approvato a maggioranza qualificata dai governi. Lo stesso quorum con il quale passò la norma sul copyright che ora si punta a rinforzare.