la Repubblica, 9 febbraio 2021
Intervista a Silvio Berlusconi
Il governo che sta per nascere sarà politico, sebbene con la presenza di tecnici, perché politico è un governo di “unità nazionale”. A Mario Draghi l’invito a «tenere conto delle indicazioni dei partiti», ma di far prevalere la «qualità». Silvio Berlusconi parla per la prima volta dopo l’incarico a “SuperMario”. Lo fa dal buen ritiro in Provenza, da dove spera ancora di muoversi per raggiungere in queste ore Roma per il secondo giro di consultazioni. Dice di non ravvedere la necessità di una presenza dei leader di partito nell’esecutivo. Della svolta di Salvini non si stupisce, «era stato già al governo col M5S», della scelta della “signora Meloni” invece sì, si «rammarica». Quanto ai grillini insofferenti per la convivenza con lui, beh, «infantilismo politico».
Presidente Berlusconi, perché avete ritenuto necessario sostenere il tentativo di Draghi?
«Perché circostanze eccezionali richiedono risposte eccezionali.
Impongono alla classe dirigente del Paese di mettere da parte le distinzioni, gli interessi di parte, i calcoli politici o elettorali e di dare una risposta di alto profilo, adeguata alla gravità della situazione. Il momento è davvero gravissimo, per l’Italia e per il mondo intero, certamente è la fase storica peggiore dopo la Seconda Guerra mondiale. Le persone continuano ad ammalarsi e a morire di Covid e a questo tragico costo umano si aggiunge un drammatico costo sociale ed economico per il lavoro, per le imprese, per le attività produttive».
Il Conte ter non era la soluzione?
«Di fronte a tutto questo non era pensabile una prosecuzione dell’esperienza precedente, né un suo allargamento. Occorreva qualcosa di totalmente nuovo, una soluzione autorevole intorno alla quale l’intero Paese potesse riconoscersi. Sono stato il primo ad invocarlo, nelle scorse settimane, mentre la crisi politica si trascinava.
Come avevo suggerito, la saggezza del presidente Mattarella ha individuato la sola strada adeguata al momento».
Cosa ha detto al premier incaricato al telefono?
«Gli ho detto esattamente queste cose. Ha davanti un compito davvero difficile ma deve riuscire».
Lei lo conosce da anni. I suoi governi hanno creduto in lui. C’è un episodio o un aneddoto che ricorda e che può descrivere l’uomo Draghi?
«Più che parlare di un episodio specifico, posso dire che in tutte le sedi nazionali e internazionali ho visto una persona misurata, garbata, affabile, rispettosa dei ruoli, di grande cultura e di grande capacità nel gestire le situazioni complesse.
Non si è mai tirato indietro quando gli abbiamo chiesto di guidare in momenti difficili prima la Banca d’Italia e successivamente la Bce. In quella veste avrebbe salvato l’Euro e in particolare il nostro Paese. Credo, per antica abitudine di imprenditore, di avere una certa capacità di valutare le attitudini delle persone.
Su Draghi non mi sono mai sbagliato.
E sono certo di non sbagliare neppure questa volta».
Il governo dovrà essere politico o misto, con presenza di tecnici, come
sembra intenzionato a fare il premier incaricato?
«Questo non è un governo tecnico, è un governo di unità nazionale per fronteggiare l’emergenza. I governi tecnici in passato hanno dimostrato di non avere il polso della realtà del Paese. Per questo auspico un giusto equilibrio di competenze tecniche e di rappresentanza politica. Ma soprattutto suggerirò al presidente Draghi di tenere conto delle indicazioni dei partiti, come è giusto, ma di decidere sulla base di un solo criterio: la qualità».
Secondo lei dovrebbero essere coinvolti anche i leader?
«Non ne vedo l’utilità, e non credo che questo renderebbe né più stabile né più efficiente l’azione di governo.
Abbiamo bisogno di ministri che si occupino a tempo pieno del loro dicastero, i leader politici hanno una responsabilità diversa».
La Lega sembra essere della partita. Che ne pensa della svolta di Salvini? Lo aiuterà anche in Europa?
«Quando ho indicato la strada dell’unità delle migliori energie del Paese come unica soluzione possibile, ho espresso l’auspicio che tutto il centrodestra condividesse la scelta di privilegiare la salvezza della nazione rispetto all’interesse di parte. Sono contento che un grande partito come la Lega abbia maturato questa scelta. Non so se definirla una svolta, in fondo la Lega ha già governato con i Cinque Stelle, ma è certamente un atto di saggezza che anche in Europa sarà apprezzato».
A proposito del M5S, l’ala più ortodossa è in rivolta e non ritiene compatibile la loro presenza al governo proprio con Fi e con Silvio Berlusconi. E lei?
«Credo che dimostrazioni di infantilismo politico come queste non meritino neppure un commento. Piuttosto, direi che spiegano il declino di quel Movimento. Del resto, questa non è un’alleanza con i 5S, che per noi sarebbe inconcepibile. È la risposta ad un’emergenza. Immagino che anche i più consapevoli tra loro se ne rendano conto».
Giorgia Meloni invece ha già anticipato il suo rifiuto. Che ne pensa? Può ancora convincerla?
«Mi pare che la signora Meloni si sia espressa in modo chiaro e definitivo.
Ne prendo atto, con rispetto e con rammarico, perché l’apporto di tutte le forze responsabili sarebbe stato importante».
L’unità del centrodestra è venuta meno. Sarà un problema anche in vista delle imminenti amministrative?
«Come ho detto tante volte, il centrodestra è una coalizione plurale fra forze politiche diverse per cultura, per riferimenti internazionali, per stile politico. Non siamo lo stesso partito e siamo reciprocamente autonomi. Ci uniscono idee importanti per il futuro del Paese e una buona prassi di governo nelle regioni e nei comuni. Tutto questo non verrà meno, come non si è rotta la coalizione all’epoca del primo governo Conte. Allora noi, dall’opposizione, abbiamo assicurato il sostegno parlamentare sui temi propri del centrodestra. Sono certo che il partito di Giorgia Meloni anche questa volta farà altrettanto».
La riforma della legge elettorale secondo lei dovrà essere completata entro la fine della legislatura?
«Ora è prematuro parlarne e le priorità sono certamente altre. Il Covid affligge il Paese, molte aziende sono sull’orlo della chiusura, milioni di posti di lavoro sono in pericolo. Il nuovo governo nasce per occuparsi di questo».
Come mai non ha preso parte alle consultazioni? Conta di incontrare comunque il presidente Draghi?
«In verità io volevo venire a Roma per il primo giro di consultazioni, ma i miei medici, che sono molto scrupolosi, mi hanno chiesto di non interrompere il periodo di riposo che mi avevano prescritto. Del resto, come lei ha ricordato, ho avuto modo di ragionare a lungo con il presidente incaricato al telefono. Spero di poterlo incontrare alla seconda puntata delle consultazioni».