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 2021  febbraio 09 Martedì calendario

La prima prova della Lega "europeista"

Era inevitabile che la svolta europeista della Lega fosse messa alla prova, a Bruxelles o a Strasburgo. Nessuno si aspettava che accadesse così presto. Oggi infatti al Parlamento europeo si voterà in plenaria sul regolamento del “Recovery and resilience facility”, la parte del Recovery Fund che da sola conta 672,5 miliardi. L’11 gennaio gli europarlamentari leghisti si sono astenuti (difficile votare “no” contro una tale quantità di aiuti) mentre quelli della maggioranza giallorossa votavano a favore, scontrandosi con il presidente leghista del gruppo sovranista “Identità e democrazia” Zanni che li accusava di aver accettato dure condizioni e nuove tasse in cambio dei soldi. Ora invece i leghisti dovrebbero cambiare atteggiamento, a meno di voler minare la credibilità della svolta di Salvini proprio mentre il Capitano si troverà a colloquio con Draghi per il giro finale delle consultazioni.
Interessante è anche ciò che è accaduto ieri, alla vigilia della seduta, tra lo stesso Zanni e il suo vicepresidente Meuthen di Afd, il partito tedesco di estrema destra fin qui alleato della Lega e della Le Pen. Meuthen ha attaccato la Lega per la decisione di sostenere Draghi, «responsabile della spesa senza controllo della Bce di cui la Germania pagherà il conto». E Zanni gli ha risposto che Draghi lo aveva fatto anche nell’interesse dell’Italia, guadagnandosi «un titolo di merito».
Siamo solo ai primi assaggi di un’implosione del gruppo sovranista che se la Lega non vorrà rifugiarsi di nuovo nell’astensione (ma come potrebbe farlo, di fronte a Draghi?) è destinata a conseguenze cruente. Anche all’interno del gruppo leghista a Strasburgo, dove non tutti sono in grado di adattarsi alla svolta con la stessa velocità, e in parte con la stessa superficialità, con cui l’ha compiuta Salvini. Il quale ora, come gli ha sempre suggerito il suo vice Giorgetti, che incarna l’anima moderata del Carroccio e ha un rapporto personale con l’incaricato, punta a entrare nel Ppe. Percorso non facile né veloce, dal momento che saranno i vertici dei Popolari europei, già severi a suo tempo con Berlusconi, a valutare la candidatura. Ma non impossibile: in fondo nel Ppe c’è anche, e soprattutto c’è rimasto dopo aver dato varie prove di autoritarismo, l’ungherese Orban.