La Gazzetta dello Sport, 9 febbraio 2021
Ibrahimovic Uomo Vitruviano del pallone
Talento e fatica. Testa e cuore. Nervi e passione. Soprattutto, una infinita voglia di vincere, nata come una storia di riscatto, una scalata sociale, e trasformata con il tempo in una delle più interessanti storie sportive. Figlio di un padre amante della boxe, Zlatan Ibrahimovic è cresciuto pensando a Muhammad Ali, ma anche a Ronaldo, inteso come Nazario da Lima, quello che lo guardava dalle pareti della sua camera a Malmoe, in forma di poster ovviamente.
Dribbling e ambizioni
Ecco, Zlatan è cresciuto così, cercando di imitare i movimenti dei fenomeni brasiliani quando giocava nel campetto del cosiddetto ghetto di Rosengard. Gli altri bambini non gradivano, logico, e ancora meno gradivano i genitori delle prime squadre frequentate. Non amavano il modo di fare di quel ragazzino gracile e irridente che sarebbe diventato un fenomeno del calcio, un attaccante gigante dai piedi buoni. 501 gol in quattro decenni non sono una cifra normale. Sopportare l’etichetta di nuovo Van Basten non è un’impresa normale, ma Ibrahimovic non è un giocatore normale. È un pezzo unico, che non a caso si fa amare e odiare dalla fine del secolo scorso e che è riuscito a entrare nell’Olimpo degli attaccanti senza vincere la Champions League o il Pallone d’oro. Ma è Ibra e di Ibra ce n’è uno solo. Ha le sue proporzioni poco classiche, con quei piedoni e l’altezza subito notata quando passò dal Malmoe all’Ajax. «Certo che sei alto per essere un giocatore di calcio», gli dissero il giorno della presentazione. «Vero, ma ho piedi molto tecnici». L’attaccante atipico che era cresciuto all’improvviso in una estate però non sapeva mettere a frutto il suo fisico e non aveva un grande istinto del gol. Segnava gol fantastici, come l’ultimo, il regalo d’addio, segnato al Nac Breda zittendo tutto lo stadio che lo contestava. Seminò praticamente mezza squadra, era il suo saluto all’ambiente Ajax che non lo amava più. Estate 2004, Zlatan era pronto per volare in Italia. Il paese calcistico che lo attirava da quando era giovanissimo e che si è rivelato il posto ideale per lui. Anche perché in Italia, alla Juve, ha trovato Fabio Capello. La sua vena realizzativa è nata con i consigli e gli allenamenti supplementari del tecnico italiano.
Provaci ancora
All’Ajax Koeman aveva creduto in lui, ma nel primo periodo era stato soprattutto Van Basten, allenatore delle giovanili, a spronarlo a pensare soltanto al gol. Qualcosa doveva scattare nella testa di un calciatore che ha affinato negli anni il suo modo di giocare e che negli ultimi tempi ha cambiato il suo modo di stare in campo. Capello lo obbligava a calciare, calciare e ancora calciare in porta, per prendere la mira, essere essenziale, il più spietato possibile in zona gol. La ricerca del gol è continuata nel corso degli anni, ma alla soglia dei quarant’anni Ibrahimovic è più uomo squadra, più uomo assist. Dopo il grave infortunio subito quando, nel Manchester United, la sua carriera sembrava appesa a un filo. Ma l’operazione riuscì talmente bene da permettergli di rimettersi in piedi a tempo di record. Però lì, fra Manchester e Los Angeles, qualcosa è scattato. E quando è tornato in Italia, al Milan, Ibrahimovic ha capito che doveva adattarsi ai tempi. Ai suoi tempi, come sempre ha fatto.
Testa e gambe
A chi si può paragonare Ibrahimovic? A tutti e a nessuno. Non ha una velocità supersonica, ed è logico che sia così visto che deve portare quasi cento chili in giro per il campo. È capace di acrobazie stupefacenti, ma dando i voti a varie caratteristiche tecniche perderebbe il confronto con molti grandi attaccanti. Eppure nel complesso è lì, fra i grandi, capace di segnare di destro e di sinistro, di tirare forte e teso o provare numeri artistici. Perfetto? Naturalmente no, perché nessuno lo è, neppure Ibrahimovic, che ha i suoi punti deboli e non soltanto per via del carattere. A parte la nota irascibilità, negli ultimi tempi Ibrahimovic si è concesso qualche errore di troppo sui calci di rigore (ne ha sbagliati 4 degli ultimi 6 tirati con il Milan). Nonostante questo, il fuoriclasse svedese viaggia spedito: 14 gol nelle 11 partite giocate in campionato, la migliore media gol della Serie A. Ibrahimovic in passato ha vinto due volte il titolo di capocannoniere in Italia, ma non per questo si vuole fermare. Come fa a restare al top? Con una cura maniacale del corpo, fra allenamenti e nutrizione. Troppo magro all’Ajax, ingrassato nei primi mesi in Italia, come racconta nella sua autobiografia, per la troppa pasta, Ibra ha raggiunto un rapporto maturo coil cibo. Vive una vita esagerata se si considerano ville, auto di lusso, aerei privati, ma in realtà è al centro di un fortino di affetti e tranquillità che ha costruito grazie all’amico-manager Raiola e alla stabilità della famiglia. Ha un ego smisurato che si diverte a sfoggiare sui social, ma anche molta ironia. Perché pochi sanno chi è il vero Zlatan, ma molti vedono quello che è: uno che vuole regalarsi un altro scudetto, un’altra partecipazione alla Champions, magari altre partite in nazionale. Per non finire di stupire.