il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2021
Massimiliano Ossini si racconta
«Cinque minuti. Ma mi parvero ore».
Cosa accadde in quel tempo sospeso, caro Massimiliano Ossini?
«Giravamo una delle prime puntate di Linea Bianca. Sul ghiacciaio dell’Adamello. Da Cima Cresta, che è dedicata a Giovanni Paolo II, scendevamo verso un rifugio. Ero in cordata con la troupe e le guide. Caddi in un crepaccio. Attorno a me la superficie della neve congelata era liscia come uno specchio. Ogni mio movimento era deleterio. Sapevo che mi avrebbero tirato su, ma davvero quello sembrava un tempo infinito. L’incidente mi ha segnato dentro. Siamo passeggeri in questa vita, nessun contrattempo quotidiano può indurci a sprecare la nostra esistenza con delle stupidaggini».
Non è stato il solo momento critico del suo programma dedicato alla montagna.
«Alle Grotte di Frasassi seguii lo stesso percorso degli scopritori di quella meraviglia naturale, tentando di calarmi dal buco aperto in alto sul terreno. Una fenditura poco più larga della mia testa. Non soffro di claustrofobia, ma provai panico trovandomi irrimediabilmente incastrato, il petto bloccato nella roccia, i piedi penzoloni. Gli amici del soccorso speleologico mi tirarono via di lì, con qualche ammaccatura. La lezione è che non ci si improvvisa esperti. La montagna va rispettata, compresa. Se accetti la tua condizione di sudditanza, ti “parla” per rassicurarti».
Qual è il sogno proibito per un conduttore avventuroso, autore peraltro di libri di successo sull’argomento?
«I settemila dell’Himalaya, con il mio socio autore Lino Zani e magari con una guida di Alagna, Michele Bucchi, che in quella zona sacra dell’alpinismo ha contribuito alla sua ripulitura: quelle vette sono diventate, purtroppo, discariche di plastica e di bombole di ossigeno lasciate sui campi base dagli arrampicatori. Se riusciremo ad andare, documenteremo tutto».
Ha imparato molte cose inseguendo l’infinitamente grande, ma qualcosa di dannatamente piccolo l’ha perseguitata.
«Ho contratto il Covid, nella prima ondata, quando noi marchigiani ci sentivamo lontani dal cuore della pandemia. Pensavo: mi alimento correttamente, faccio sport, sono giovane. Invece per i primi tre giorni fu terribile: dolori lancinanti alle ossa e alle gambe, solo i farmaci potevano darmi sollievo. Anche in questo caso, scoprii come siano importanti i rapporti profondi tra le persone. Siamo stati messi in ginocchio da un elemento invisibile, dovremmo essere più solidali».
C’è una vocazione pedagogica anche nel programma partito ieri e che ogni giorno fino al 19 febbraio condurrà alle 17.30 su Rai2, Campioni di domani.
«In parallelo con i mondiali di sci a Cortina, abbiamo messo in campo 24 giovanissimi aspiranti assi delle nevi, provenienti da 12 club di tutto il Paese. Con noi due giurati speciali, fenomeni di questo sport, come Kristian Ghedina e Wendy Siorpaes. I ragazzi sono coinvolti in gare di gruppo, non individuali. E in una competizione aggiuntiva con quesiti di cultura generale su montagna e alpinismo. Qui prevale, appunto, la logica della solidarietà. Se uno cade, gli altri non continuano la discesa per fare un tempo record: lo aspettano. Non conta la vittoria, ma la conquista del valore della fatica, che serve nello studio, nello sport e nella vita».
Ossini, vent’anni di carriera in tv con passaggi a Unomattina, La vita in diretta, Geo & Geo fino a Linea Bianca. Con un battesimo d’eccezione accanto a Mike Bongiorno.
«Era un quiz su Sky, Sei più bravo di un ragazzino di quinta. Per la prima volta, Mike si propose nel ruolo di concorrente, mentre io ero il conduttore! Mi chiedevo: come diavolo posso io, debuttante, fare domande alla leggenda Bongiorno? Ma lui, che era dipinto come un burbero, fu gentile e disponibile. Ricordo come una medaglia d’oro il momento in cui si girò verso la telecamera e disse: “Questo giovane Massimiliano farà tanta strada”. E ancor di più quando ci raccontò della sua impresa al Polo Nord, dormendo in tenda, e la paura provata davanti a un orso bianco. Ma la passione per la montagna non lo abbandonò mai. Come accade anche a me».