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 2021  febbraio 07 Domenica calendario

Intervista a Christine Lagarde. Parla di Draghi, di pandemia, di ecologia e di soldi

A capo della Bce dal settembre 2019, ex direttore generale del Fondo monetario internazionale ed ex ministro dell’Economia e delle finanze, Christine Lagarde si è ritrovata a gestire le conseguenze della crisi del Covid-19 elaborando, assieme al Consiglio europeo, un piano d’emergenza per sostenere le economie dei 19 stati della zona euro. La pandemia è la terza crisi su scala mondiale che ha dovuto affrontare Christine Lagarde, e questo forse le consente di conservare un certo ottimismo.
Con la pandemia, in Europa le cattive notizie si rincorrono. Come si fa a proiettare una prospettiva ottimista?
«Verissimo, le incertezze si moltiplicano. A memoria degli economisti della Bce, non ne abbiamo mai viste tante. Le nostre proiezioni vengono pubblicate ogni tre mesi. Un modo per conservare un certo ottimismo, malgrado le condizioni attuali, consiste semplicemente nel ricordarsi delle proiezioni della Bce pubblicate a settembre 2020 e delle numerose incertezze di cui teneva conto allora. Quali erano in quel momento gli eventi principali? Le modalità della conclusione della Brexit erano ancora sconosciute. I rischi di un’uscita senza accordo restavano elevati, sia per l’Unione Europea che per il Regno Unito. Sul fronte della pandemia, non esisteva ancora nessun vaccino e non era possibile fare previsioni su quando sarebbe stato disponibile. Non si erano ancora svolte le elezioni americane, così decisive per il mondo intero. Oggi, queste incertezze maggiori sono state tutte risolte. Soprattutto la principale, la disponibilità di vaccini affidabili, dato che diversi di essi sono stati approvati dalle autorità sanitarie competenti a livello internazionale. La situazione è cambiata. E questo è un dato innegabile che ci permette di essere ottimisti».
Basta a farci sperare che il 2021 sarà un anno migliore?
«Siamo convinti, alla Bce, che il 2021 sarà l’anno della ripresa. La ripartenza economica è stata ritardata, ma non bloccata. Chiaramente è attesa con ansia da tutti. Noi prevediamo una forte risalita verso la metà dell’anno, benché persistano alcune incertezze. Non siamo interamente al riparo da rischi ancora ignoti. Cerchiamo di essere realistici: non ritroveremo i livelli di attività economica della pre-pandemia prima della metà del 2022».
Che livello di crescita prevede per la zona euro quest’anno ?
«Intorno al 4%. Forse un po’ meno. Ciò rappresenterebbe già un aumento molto significativo in rapporto al crollo del Pil del 6,8% che si è registrato nella zona euro nel 2020. Tutto dipende dalla politica delle vaccinazioni e dallo svolgimento delle campagne vaccinali. Come pure dalle misure economiche dei governi all’emergenza sanitaria».
Il 21 luglio 2020, i capi di Stato e di governo europei hanno deciso un piano di rilancio da 750 miliardi. Ha dubbi in merito alla sua attuazione ?
«Sicuramente la crisi attuale ha rafforzato l’Unione Europea. La decisione presa dagli Stati membri di chiedere un prestito comune ha rappresentato un momento di coesione eccezionale nella storia della costruzione europea. Bisogna però mantenere le scadenze a tutti i costi. La pandemia ha avuto un effetto di accelerazione su tutto: anche noi siamo chiamati, di conseguenza, ad accelerare. Ad accettare la sfida. È meglio agire in fretta, anche se poi sarà necessario tornare sui nostri passi per rettificare eventuali sviste. Questo piano dovrà essere ratificato in tempo, affinché la Commissione possa acquisire i prestiti, come previsto in giugno, per suddividere poi i fondi tra gli Stati membri dell’Unione Europea. A questo scopo, è necessario che l’insieme dei piani di rilancio nazionali – che dovranno includere gli interventi a favore della transizione climatica e della digitalizzazione – venga presentato quanto prima alla Commissione».
Un’occasio-ne d’oro per l’Italia e un’occasio-ne d’oro per l’Europa, che abbia accettato la sfida: far uscire il suo Paese dalla crisi economica
Come proseguiranno gli interventi della Bce ?
«La Bce ha offerto il suo sostegno economico alle famiglie, alle imprese e alle economie degli Stati membri sin dall’inizio della crisi. La Bce è intervenuta molto alacremente con un primo piano di 750 miliardi annunciato già dal 18 marzo 2020, seguito da due incrementi del nostro pacchetto di acquisti di titoli che oggi raggiunge i 1.850 miliardi. Era necessario evitare una frammentazione nelle condizioni di finanziamento degli Stati della zona euro davanti alla diffusione del virus. Noi ci siamo impegnati a restare attivi sui mercati almeno fino al marzo 2022 per sostenere e tutelare le condizioni finanziarie in Europa. Il nostro strumento privilegiato è stato il Pepp (Programma di acquisto per l’emergenza pandemica), che si distingue dagli altri programmi d’acquisto della Bce per due motivi: per il suo carattere di urgenza assoluta e per la possibilità che ci conferisce di discostarci dai limiti convenuti, se questi verranno ritenuti un ostacolo al sostegno che dobbiamo fornire alle economie della zona euro. È uno strumento eccezionale e provvisorio. Come ho già detto sin dal mese di marzo del 2020, il nostro impegno nei confronti dell’euro non conosce limiti. Noi agiremo fintanto che la pandemia provocherà condizioni di crisi nella zona euro. A nostro avviso, la scadenza del marzo 2022 è ragionevole e il pacchetto Pepp è adeguato alle necessità. Ma se il Consiglio dei governatori stima nel frattempo che occorre fare di più, e più a lungo, noi faremo di più. Se invece non ci sarà bisogno dell’intero pacchetto, non sarà utilizzato. Seguiremo il principio della flessibilità».
Questa politica monetaria accomodante non le sembra rischiosa?
«Non abbiamo finora rilevato fenomeni preoccupanti. Non vediamo all’orizzonte bolle immobiliari su scala europea, ma solo indicatori di prezzi gonfiati localmente, nelle grandi città in Francia, Germania, Lussemburgo e Belgio. Detto questo, è cruciale continuare a sostenere il credito nell’insieme del sistema economico. Le banche portano il loro attivo in garanzia alla Bce e si finanziano a loro volta a tassi molto bassi, in modo da poter finanziare le imprese. La priorità sta nel dare alle aziende l’accesso ai finanziamenti di cui hanno bisogno. Non abbiamo scelta: se si vuole tutelare l’economia, il ruolo della Bce non è quello di selezionare le imprese. Bisogna privilegiare la crescita, la concorrenza e l’innovazione. La selezione verrà da sola».
Che cosa bisognerà fare quando la crisi sarà finita?
«Quando sarà finita la pandemia e ci saremo lasciati alle spalle la crisi economica, dovremo affrontare una situazione delicata. Occorre organizzarsi, e non ripetere gli errore del passato, come quello di chiudere di colpo tutti i rubinetti delle politiche di bilancio e di politica monetaria. Occorrerà, invece, offrire alle economie un sostegno flessibile, da diminuire gradualmente, man mano che la pandemia si allontanerà e che la ripresa si farà più robusta. A quel punto l’economia dovrà imparare nuovamente a funzionare senza gli aiuti eccezionali resi necessari dalla crisi. Non sono preoccupata, perché la capacità di rilancio è molto forte. Le nostre economie sono resilienti. Basti guardare alla ripartenza formidabile dell’economia francese nel terzo trimestre del 2020, con una crescita trimestrale del 18,5%, per essere convinti».
Le differenze tra gli Stati della zona euro non vanno a complicare l’elaborazione di una politica monetaria comune ?
«La crisi del Covid-19 non ha fatto altro che accentuare le differenze che già esistevano. In questo contesto, il piano di rilancio europeo, Next Generation EU, appare ancor più fondamentale, specie per quel che riguarda i sussidi accordati a ciascun Paese in funzione delle specificità delle situazioni nazionali. L’Italia, per esempio, riceverà circa 200 miliardi sotto forma di prestiti e sovvenzioni. Pertanto non bisogna assolutamente sprecare questa soluzione eccezionale e metterla in atto al più presto possibile».
Siamo convinti, alla Bce, che il 2021 sarà l’anno della ripresa.
La ripartenza economica è stata ritardata, ma non bloccata
Sono fondate le preoccupazioni sugli alti livelli di indebitamento degli Stati ?
«Non c’è dubbio che la nostra politica monetaria sarebbe più efficace se vi fosse una maggior convergenza tra le politiche economiche degli Stati membri. Tutti i Paesi della zona euro usciranno da questa crisi con alti livelli di indebitamento. Ma non c’è dubbio che saranno in grado di rimborsare i debiti. I debiti vanno gestiti nel lungo periodo. Gli investimenti realizzati nei settori determinanti per il futuro sapranno generare una maggior crescita. La ripresa produrrà occupazione, sarà quindi catalizzatrice».
Una petizione firmata da cento economisti reclama la cancellazione del debito pubblico detenuto dalla Bce. Cosa risponde ?
«L’annullamento di questo debito è impensabile. Sarebbe un’infrazione del Trattato europeo che vieta severamente il finanziamento monetario degli Stati. Questa regola rappresenta uno dei pilastri fondamentali dell’euro. Il Trattato europeo è stato accettato e ratificato liberamente e volontariamente dagli Stati membri dell’Unione Europea. Sarebbe molto più utile se le energie spese a reclamare la cancellazione del debito da parte della Bce fossero impiegate avviando un dibattito sull’utilizzo di questo debito! Quale impiego per la spesa pubblica? Su quali settori del futuro è consigliabile investire? Ecco i temi essenziali di oggi».
Il suo predecessore, Mario Draghi, è stato incaricato di formare il nuovo governo in Italia. Che ne pensa di questa nomina?
«È un’occasione d’oro per l’Italia e un’occasione d’oro per l’Europa, che Mario Draghi abbia accettato la sfida: far uscire il suo Paese dalla crisi economica e sociale, il Paese della zona euro più gravemente colpito dalla pandemia. Ripongo la massima fiducia in Mario Draghi e so che porterà a termine il suo compito nel migliore dei modi. Ha tutte le qualità indispensabili, la competenza, il coraggio, e anche l’umiltà, per riuscire nella sua nuova missione: rilanciare l’economia italiana, con il sostegno dell’Europa».
Janet Yellen, ex presidente della Fed, diventa ministro del Tesoro. Le sembra una buona notizia?
«Che una donna ricopra per la prima volta nella storia americana questo incarico, questa sì che è una notizia eccellente! Janet Yellen ha il profilo ideale, tenuto conto delle circostanze, poiché si tratta di un’economista specializzata nel mercato del lavoro. La sua nomina sarà determinante per il rilancio dell’economia. È una donna simpatica e affabile. Umile, pur nelle sue altissime competenze. La sua nomina spianerà i rapporti economici transatlantici».
È cruciale continuare a sostenere il credito nell’insieme del sistema economico, sostenere le banche in modo da poter finanziare le imprese
Lei sostiene una «ecologizzazione» della politica monetaria. Rientra nelle competenze di una banca centrale?
«Assolutamente. Nella lotta contro i cambiamenti climatici, ognuno deve fare la sua parte. La Bce risponde al mandato di assicurare la stabilità dei prezzi, e i cambiamenti climatici comportano dei rischi in questo campo, influendo sulla crescita, sul livello dei prezzi e sull’economia in generale.Pertanto la base giuridica è legittima e l’opinione pubblica è favorevole all’inclusione, nel suo mandato, dei criteri ambientali, sociali e di governance».