il venerdì, 7 febbraio 2021
La scomparsa dei bancari
Piccolo aneddoto personale con minimo valore universale e predittivo sul futuro delle banche. Dopo anni che mi ripetevo che non aveva senso spendere per i costi di gestione di un terzo conto corrente mi son fatto coraggio e sono andato per chiuderlo in un’agenzia Bnl nel centro di Roma. Ero cliente da un quarto di secolo ma non ci mettevo piede da anni. Era venerdì e, sebbene l’agenzia fosse vuota come la Death Valley d’agosto, una gentile addetta a cui ho comunicato la mia intenzione mi ha dato appuntamento per il mercoledì successivo. Mio padre era stato direttore di tante filiali di provincia e mi diceva: «Se ti trattano male minaccia di chiudere il conto e vedrai che cambia tutto». Così mi ha sorpreso che la signorina non abbia battuto ciglio. D’altronde negli ultimi sei mesi avevo pressoché svuotato il conto con due corposi bonifici e nessuno sembrava essersene accorto.
Il mercoledì successivo mi presento dunque all’appuntamento. In una filiale se possibile ancora più vuota della volta precedente restituisco gli assegni intonsi, le carte immacolate, il generatore di password e, a ogni tappa della trafila, mi aspetto che questa nuova signorina mi chieda «perché se ne va?». Niente. Quindi glielo dico: «Sono sorpreso che non mi abbiate chiesto perché ho deciso di chiudere il conto». E lei: «Non gliel’ha chiesto la mia collega? Strano…». Salvo poi non chiedermelo neppure dietro esplicita richiesta. Un anno fa avevo scritto della cura dimagrante da migliaia di dipendenti delle banche italiane (qui il servizio in pdf). Forse c’è, in questa sovrana indifferenza nei confronti di quelli che ti pagano lo stipendio, una parte della spiegazione. Una volta mio padre provò ad aprire il conto a Giorgio Gaber che aveva una casa dalle nostre parti. Chiese in giro, lo aspettò nella sua trattoria preferita: l’approccio non andò a buon fine ma strappò almeno una mezza promessa. Forse così è troppo, ma il mio illacrimato addio è stato davvero troppo poco.