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 2021  febbraio 07 Domenica calendario

La lotta silenziosa dei giovani cinesi contro il lavoro

Chennai: all’1 e 30 della notte del 29 dicembre 2020, la signorina Wang, dipendente 23enne dell’azienda di e-commerce Pinduoduo di Shanghai, crolla sul marciapiede mentre torna a casa a piedi. Dopo sei ore al pronto soccorso, muore. Di stanchezza. Una settimana dopo, un giovane dipendente della stessa azienda mette online la foto di un’ambulanza che porta via un dipendente stremato. Viene licenziato. Una settimana dopo, un ingegnere ventenne della stessa sede si prende un permesso per tornare dai genitori. E si suicida. Oggi, il fondatore della società, Colin Huang, è il secondo uomo più ricco in Cina. Ma a che prezzo? Questi tre casi spiegano la nascita di una tendenza che si oppone a una cultura aziendale che considera normali le giornate lavorative di dodici ore per sei giorni la settimana. In Cina sta emergendo un esercito segreto di pelandroni che rifiutano il sistema del "996", lavorare dalle 9 di mattina alle 9 di sera per 6 giorni la settimana. E incoraggiano tutti a lavorare meno.
Parole da leader
La guru di questo movimento di scansafatiche è un’impiegata con mezzo milione di followers sul social Weibo. Si nasconde dietro lo pseudonimo di Orso Massaggio. Leggere i suoi post fa tornare in mente una canzone di protesta che nel 1974 invitava gli operai italiani a «lavorare con lentezza, senza fare alcuno sforzo. Chi è veloce si fa male e finisce in ospedale. In ospedale non c’è posto e si può morire presto».
«Se lavori davvero sodo», così scrive Orso Massaggio, «danneggerai i colleghi. E Il tuo capo scoprirà che sai fare il lavoro di tre persone. Alla fine, però, non ti darà l’aumento, ma ti costringerà a mantenere quel livello di produttività. L’intensità del tuo impegno deve dipendere da quanto ti pagano. Mi raccomando, non prendere troppo sul serio il lavoro!"».
Il fenomeno viene chiamato mo yu, "prendere il pesce" ispirato al proverbio cinese che dice: «Le acque torbide aiutano a prendere pesci», e cioè bisogna saper approfittare di una crisi per il proprio tornaconto. In questo caso, l’idea è di intorbidire una situazione per avvantaggiarsene. Fare mo yu è diventata una tecnica per non farsi spremere da orari disumani senza compensi corrispettivi allo sforzo.
Molti giovani cinesi hanno cominciato quindi a essere meno produttivi, rifiutando gli straordinari, consegnando lavori fatti a metà, andando spesso in bagno e rimanendoci il più a lungo possibile a giocare sul telefonino, oppure svolgendo lavori alternativi online o leggendo romanzi. È una ribellione silenziosa contro lo stakanovismo che è al cuore del miracolo cinese degli ultimi decenni, ma anche una protesta contro stipendi troppo bassi che non consentono ai giovani di comprarsi una casa. In reazione, alcune aziende cinesi stanno attrezzando i bagni con dispositivi blocca segnale del telefono, obbligano i dipendenti a registrare le uscite al bagno, fanno pagare 2,5 euro la seconda visita alla toilette in un turno di otto ore, offrono un bonus per dormire in branda in ufficio e multe se perdi una telefonata. Addirittura, un’azienda ha fornito ai dipendenti un cuscino con Bluetooth per la sedia della postazione di lavoro, dicendo che serviva a monitorare la salute dei dipendenti, una sorta di smart cushion. Poi una dipendente si è resa conto, quando la sua capa le ha chiesto di render conto di una pausa di mezz’ora, che è invece uno strumento per controllare gli spostamenti. «Andare al lavoro è come andare in prigione. Ti senti costantemente osservato. Chi riesce a essere produttivo ogni minuto e ogni secondo in ufficio, comunque?». Sistemi sempre più ingegnosi per bloccare il mo yu.
I trucchi del mestiere
Non funziona. Parola di Orso Massaggio: «Anche se il capo mi sgrida o mi maltratta per aver fatto mo yu, non mi licenzierò mai. Se mi licenza lui, mi danno l’assegno di disoccupazione N+1» (l’indennizzo di un mese di stipendio per ogni anno lavorato in azienda più una mensilità). Ecco le tecniche di mo yu: «Comprati un thermos molto grande. Riempilo di tè. Metti una sveglia per ricordarti di bere otto bicchieri al giorno. Ogni 50 minuti vai a prendere un bicchier d’acqua. Fai stretching di 15 minuti in sgabuzzino. Cerca di essere il dipendente che usa più carta igienica di tutto l’ufficio».
Tra gli adepti su Weibo di Orso Massaggio c’è chi scrive: «Faccio mo yu ogni giorno e ciò mi rende felice. Perché il capo mi paga un centesimo, ma si aspetta uno sforzo che ne vale dieci?» Un altro aggiunge: «Non siamo più disposti a fare del nostro meglio al lavoro. Usiamo tempo ed energie per farci gli affari nostri». Un altro dichiara: «Non lavorare sodo è un diritto basilare di ognuno di noi. Senza tutele legali, tutti abbiamo diritto alla pigrizia».
Il fronte aperto
Si tratta anche di uno sfasamento generazionale figlio di un conflitto di valori, sostiene Jennifer Feng, direttrice del personale del sito di collocamento 51job.com. «Nel 2020, gli stipendi delle società cinesi sono aumentati in media solo del 2%. E metà delle aziende non hanno proprio dato aumenti, trend che continuerà per altri tre anni. Non c’è da sorprendersi se i giovani passano le ore d’ufficio mettendo like sugli shop online o ri-postando link di prodotti a pagamento». Chi è nato negli anni Settanta e Ottanta aveva ancora grinta e impegno nel lavoro, spiega la Feng, ma chi è nato dopo il 1990 ha una filosofia diversa. La Generazione Z dà maggiore priorità ai propri interessi. «Sono più inclini a lasciare il lavoro se non lo amano, grazie anche al sostegno economico dei genitori che è superiore di quello dei nonni».
Nel fenomeno del mo yu s’intravedono quindi gli effetti collaterali del benessere e la crisi di un ethos del lavoro sbandierato ancora con orgoglio da plurimiliardari come Jack Ma di Alibaba o Richard Liu di JD, secondo i quali il "996" è l’unica chiave per accumulare ricchezza personale. Quindi, come ha detto un seguace del mo yu su Weibo, «anteporre i soldi alla salute, e rischiare di morire di fatica a vent’anni. No, grazie».
Nel 2020, nel mercato del lavoro cinese sono arrivati un record di 8,7 milioni di laureati. L’80% ha dichiarato che vuole guadagnare almeno 750 euro al mese. Ci è riuscito solo il 30%. La maggioranza è tagliata fuori, i milioni di delusi che non hanno trovato posto nel mondo di Internet, e sono finiti in un’azienda di Stato con stipendi più bassi, si chiedono: perché sgobbare? Il costo del tempo libero, tra Netflix e TikTok, è talmente basso che non val la pena arricchirsi per avere qualche agio in più.
Poiché l’esperienza esistenziale è sempre più digitale, ai Gen Z bastano i videogiochi, in enorme crescita negli ultimi due anni in Cina. Salari stagnanti, genitori più abbienti ed e-intrattenimento a basso costo portano quindi l’esercito produttivo dei giovani cinesi al mo yu. Per mettere fine al 996, lavorare con un po’ più di lentezza e non finire all’ospedale.