la Repubblica, 7 febbraio 2021
Ngozi Okonjo-Iweala, una donna nigeriana al Wto
Rimossi ostacoli e difficoltà, primo tra tutti il veto di Donald Trump, nulla più impedisce la nomina di Ngozi Okonjo-Iweala a capo dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Dopo il ritiro venerdì scorso della sua rivale, la sud-coreana Yoo Myung-hee, e dopo il «forte sostegno» espresso dall’amministrazione Biden nei suoi confronti, è perciò molto probabile che l’economista nigeriana, già tra gli amministratori delegati della Banca Mondiale, per due volte ministro delle Finanze e consigliera della Banca d’investimento Lazard, diventi la prima donna, e la prima africana, a dirigere l’istituzione ginevrina. Dietro questo miracolo c’è il repentino cambio di rotta della Casa Bianca che, con il divieto ostruzionistico di Trump, ferocemente ostile al Wto, ne bloccava la designazione per la quale serve il consenso dei 164 Paesi membri. Con l’avvento di Joe Biden, Washington s’è invece schierata in favore della sua candidatura, riconoscendo a Okonjo- Iweala «un patrimonio di conoscenze in economia e diplomazia internazionale».
Ma offrendo l’incondizionato sostegno alla sua futura investitura, il nuovo presidente statunitense lancia anche un importante segnale geopolitico: la volontà di un ripristino in forze dell’influenza americana in Africa, dopo il disinteresse manifestato dalla precedente amministrazione per il continente più disastrato. Questo nuovo impegno ha una duplice valenza: far rientrare l’America nel consesso delle nazioni donatrici che aiutano il ventre molle del pianeta, in quell’ottica mondialista cara all’ala più liberal del Partito Democratico; e avversare l’annoso e invasivo espansionismo cinese in Africa, che con la crisi pandemica s’è fatto ancora più aggressivo. Basti dire che, contro il parere di Washington, i cinesi stanno finanziando la costruzione della sede del Centro africano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc Africa) ad Addis-Abeba, in Etiopia, infischiandosene del fatto che i Paesi dell’Unione africana non si siano ancora accordati sulla città che deve ospitarlo.
Negli ultimi vent’anni, la Cina ha continuato ad aumentare presenza e i investimenti in Africa, che ritiene strategica per via delle risorse indispensabili allo sviluppo di nuove tecnologia. Più recentemente ha prestato circa 200 miliardi di euro a 56 nazioni africane investendo soprattutto nelle infrastrutture, ma trasformando i suoi aiuti finanziari in una stretta asfissiante.
Per riaffermarsi sul continente, dove durante l’amministrazione Trump gli investimenti americani sono stati ridotti al minimo, gli Stati Uniti dovranno adesso giocare su più registri. Per questo, appena s’è ritirata Yoo Myung-hee, fonti vicine al Rappresentante per il Commercio di Washington hanno fatto sapere che gli Stati Uniti sono pronti a imbarcarsi nella fase successiva del processo di nomina «per raggiungere il consenso» attorno alla candidata Okonjo-Iwealam, con doppia nazionalità, nigeriana e americana. Ma i suoi pregi sono altri, a cominciare dal curriculum e dal profilo professionale, ben diversi da quelli dei suoi predeces sori. Il che lascia presagire che la Okonjo- Iwealam interpreterà il suo ruolo con uno sguardo nuovo rispetto al passato, anche perché sarebbe la prima direttrice originaria del solo continente che non è riuscito ad approfittare della mondializzazione degli scambi commerciali negli ultimi decenni. Infatti, la fetta africana del commercio mondiale è scesa dal 4,8% degli inizi degli anni Settanta all’odierno 2,5%.
Rispetto all’ex direttore generale, il tecnocrate brasiliano Roberto Azevedo, la candidata nigeriana dispone inoltre di una ricca esperienza politica, acquisita nei suoi due mandati da ministro delle Finanze. E poco importa la sua scarsa competenza nelle materie commerciali che gli rinfacciano i suoi oppositori perché Ngozi Okonjo-Iwealam ha quel piglio da leader che le consentirà di negoziare direttamente con i capi di Stato per trovare accordi o giungere a compromessi. In tempi di pandemia, una delle prime e più spinose questioni che sarà chiamata a dirimere sarà quella dei diritti sulla fabbricazione dei vaccini e dei prodotti sanitari per combattere il coronavirus. Il prossimo direttore dovrà anche affrontare i negoziati sull’eliminazione delle sovvenzioni alla pesca, rivedere gli accordi sulla proprietà intellettuale, risolvere il problema delle sovvenzioni pubbliche e soprattutto ridare impulso al multilateralismo in un momento in cui le potenze preferiscono firmare trattati bilaterali di libero scambio.
Ora, dalla sua nascita nel 1995, il Wto non è mai stato così debole, perché per volontà di Washington impossibilitato a risolvere le querelle commerciali e perché privo di un direttore generale dal settembre 2020, dopo le dimissioni di Azevedo. Secondo Pascal Lamy che ha ricoperto quell’incarico fino al 2013, la Okonjo-Iwealam svolgerà il suo ruolo con determinazione: «Il solo rischio è che lavori troppo, e non di certo non abbastanza». Salvo imprevisti, la sua nomina dovrebbe giungere nelle prossime settimane. O addirittura nei prossimi giorni.