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 2021  febbraio 07 Domenica calendario

QQAN70 L’uomo di fiducia di Karl Lagerfeld ha scritto un libro

QQAN70

Sébastien Jondeau ha 45 anni, gli occhi dolci, il cuore d’oro e una faccia da schiaffi su un fisico da boxeur. È un grande sciupafemmine, che però sogna di farsi una famiglia, anche se ha una paura matta di venire abbandonato. Per vent’anni è stato l’autista, l’assistente, l’uomo di fiducia di Karl Lagerfeld, il genio della moda morto nel 2019 fra le sue braccia, dopo averlo trattato non come uno dei molti adoni che gli ronzavano intorno, ma come un figlio da amare senza riserve, tanto si fidava di quell’ex ragazzo di borgata, da lui propulso nell’empireo dello star system internazionale fino alla corte dei principi di Monaco. 
Il primo incontro tra i due avviene a Parigi per un trasloco da palazzo Pozzo di Borgo, dove lo stilista viveva in rue de l’Université. Lagerfeld è già una star e a quel facchino quindicenne che lavora colla ditta del patrigno offre 500 franchi di mancia. Nato in banlieue, Sébastien è il figlio di un alcolizzato violento e di una giovane coraggiosa, che una sera, per non farsi ammazzare, fugge dal marito insieme al figlio, e anni dopo s’accasa col traslocatore che gli farà da padre, un tipo intraprendente, ma severo coll’hobby del volo. Vivace, ribelle, capra a scuola, Jondeau cresce bighellonando in mezzo alla strada con la sua banda di amici maghrebini, tunisini, jugoslavi, laotiani, spiantati come lui e però pronti a accoglierlo nelle loro famiglie di emigrati. Dopo varie mattane, come fregare i soldi in casa per comprarsi una pistola, fare gare di motocross inseguito di notte dalla polizia, lascia la scuola e inizia a lavorare, come facchino, venditore ambulante, trasportatore. 
A 20 anni, dopo il servizio militare fra soldati tostissimi di un corpo speciale, si mette in proprio. A 23 confessa a Lagerfeld, suo cliente, che il suo sogno è di lavorare con lui: «Hai ragione, nella vita bisogna chiedere, sennò non si ottiene nulla», gli risponde lo stilista e su due piedi gli offre un ingaggio. Inizia così la favola bella del teppista che diventa l’angelo custode di un genio della moda. Jondeau vuole crescere, migliorarsi, girare il mondo. 
Lavorare con Lagerfeld è per lui una promessa straordinaria di apertura. Come una spugna, assorbe tutto, gusto, sensibilità, cultura. Impara a stare al mondo, a comportarsi in società, e piano piano riesce persino a smussare gli angoli del suo orgoglio di umiliato sociale, diventando il punto di riferimento non solo per lo stilista, maestro di snobismo che però ha l’estrema generosità dei grandi, ma anche per le persone che lavorano con lui, come la musa di Chanel Amanda Herlach che lo adora e gli affida i suoi figli per fare sport insieme, o come Eric Prfunder, il quale, anche lui ospite di Lagerfeld nella villa di Biarritz, un’estate rivoluziona per primo la gerarchia sociale invitandolo a sedere a tavola con loro, e annullando così le barriere che separano i padroni di casa e i loro ospiti dal personale domestico.
Sono tante le figure che vegliano come le Eumenidi sul singolare destino di Jondeau: c’è Virginie Viard, che prenderà la successione di Lagerfeld da Chanel, c’è Hedi Slimane che passa da Dior a Saint Laurent; c’è Silvia Fendi, che conosceva Lagerfeld da quando era piccola e sarà l’ultima a salutarlo, dopo averne curato la sfilata finale grazie allo stesso Jondeau, che ancora oggi continua a collaborare con lei. 
Né mancano le Erinni come Ira Fürstenberg, «mondana e cattiva, per niente amata da Lagerfeld», per non parlare del trio dei favoriti, avidi e arroganti, interessati solo a sé stessi, anche a rischio di farsi manipolare: «Jake Brad, Baptiste sono diversi. Io con te ci lavoro» diceva Lagerfeld al suo Séb, il quale, adesso che lo stilista è morto continua a sognarlo mentre gli corre dietro a perdifiato per cercare di raggiungerlo.

(libro: Sébastien Jondeau, “Ça va, cher Karl?”, Flammarion, 265 pagine. Non tradotto in italiano per ora)