Corriere della Sera, 7 febbraio 2021
Il dermatologo anti botulino
Il professor Antonino Di Pietro è un dermatologo controcorrente. Si batteva con ferocia contro i filler definitivi quando andavano di moda le labbra a canotto e con la stessa veemenza, dal primo giorno, osteggia il botulino usato per spianare rughe e gonfiare zigomi. Nei trent’anni che hanno segnato il boom di ritocchi e punturine, lui si è sempre battuto per la bellezza naturale. A 63 anni, ha una faccia liscia da cherubino e dice: «Io mi rifiuto di trasformare i visi, gonfiare labbroni, paralizzare facce». A Milano, ha fondato l’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, con sei sedi e trenta medici, e ha fondato l’Isplad, un’associazione che riunisce duemila dermatologi plastici.
Professore, si sente l’ultimo dei mohicani o il primo di una categoria che rivendica una visione nuova?
«Mi sento abbastanza solo nel dire che siamo vittime di un abbaglio: quello che per rendere un viso più giovane si debba stravolgerlo. Trovo barbaro che, per spianare una ruga, s’inietti botulino, una sostanza che paralizza i muscoli: questa dermatologia estetica è all’età della pietra. Io cerco di creare una nuova scuola di pensiero, un movimento per salvare la bellezza autentica».
Rinunciando al botulino non rinuncia a una fortuna?
«Una seduta costa circa 600 euro e se ne raccomanda una ogni tre mesi. Io, però, non ne ho mai iniettato una goccia: limita la mimica e non rende più giovani, ma più strani. Vedo troppi volti uniformati nel brutto e a cui non si riesce più ad attribuire un’età. Poi, via via, bisogna aumentare le dosi e il risultato sono facce che, sorridenti o tristi, hanno sempre la stessa espressione».
Cos’è la gioventù per lei?
«La condizione che hai a vent’anni, quando ridi e la ruga agli angoli della bocca impiega mezzo secondo a distendersi. A 60, impiega tre secondi. Il mio lavoro è tenere la pelle più giovane ed elastica affinché a 60 anni i secondi siano due e non tre. Io dico che bisogna prendersi cura della pelle allo stesso modo con cui facciamo sport per tenere tonico il fisico. Vent’anni fa, ho creato una nuova disciplina: la Dermatologia Plastica. “Plastica” in medicina significa plasmare. Si può fare con la chirurgia, ma io ho fondato un’alternativa basata sulla rigenerazione delle pelle, che stimolo a produrre più elastina e collagene».
Alla fine, sono punturine?
«La parola mi dà i brividi. Il diminutivo sminuisce l’importanza di un atto medico. E i colleghi se ne approfittano per iniettare di tutto. Quando da me arrivano pazienti con problemi per punturine fatte altrove, non sanno mai che c’era dentro. Io ho inventato il picotage. La mia intuizione, 25 anni fa, è che la zona più importante della pelle è il primo millimetro superficiale: il derma papillare. L’ho capito osservando le zanzare: non pungono in profondità, ma provocano danni potentissimi. Mi sono chiesto cosa sarebbe successo a iniettare in quella zona acido ialuronico, una sostanza che è già nella pelle e non causa reazioni avverse. L’ho fatto con tante microiniezioni diffuse e ha funzionato: le rughe si distendono, il viso è più tonico e giovane. Presto, avremo altre sostanze: mi aspetto progressi dai fattori di crescita cellulare e dalle citochine».
Immagino che molti colleghi non la amino.
«Ci sono abituato: 25 anni fa, lottavo contro i filler ai metacrilati. Ai convegni, chiedevo come una sostanza inerte ed estranea potesse stare una vita nel corpo senza dare problemi. Venivo tacciato: parli senza avere le prove. È vero: non le avevo, ma il tempo mi ha dato ragione».
Lo spartiacque fu Parietti che denunciò il medico che le aveva fatto i labbroni.
«Anche a Isabella Ferrari avevano iniettato una sostanza che non si riassorbiva. Col tempo, è andata a posto e lei è diventata una sostenitrice della bellezza naturale».
I clienti famosi non le mancano. Su Instagram, compare con Victoria Cabello, Bianca Atzei, Nina Zilli, Piero Chiambretti, Gigi Buffon, Fabio Rovazzi...
«Non mi permetterei mai di fare i nomi, le foto che circolano le hanno messe loro».
Filippa Lagerback l’ha citata a «Che tempo che fa».
«Luciana Littizzetto aveva mostrato una foto del suo viso prima e dopo, ma era una gag: le avevo solo tolto un neo».
Sveva Casati Modignani la cita in tre romanzi come il medico che dà luminosità.
«Ama la mia idea per cui la giovinezza è l’entusiasmo trasmesso con la mimica».
Come nasce il suo spirito battagliero?
«Feci la tesi intervistando dei luminari sul dibattito fra tenere e togliere i nei displastici. Alla fine, il relatore mi chiese che ne pensavo io. Fu un’emozione enorme: fino ad allora, ero lo studente, l’ultimo a cui chiedere, e in pochi secondi ho percepito che anche il mio pensiero contava. Quella domanda ha determinato tutta la mia carriera».