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 2021  febbraio 07 Domenica calendario

La nuova Europa economica e noi

In anni passati ho avuto l’occasione di vivere spesso in Paesi stranieri mentre in Italia il governo era dimissionario e i partiti politici faticavano ad accordarsi sulla formazione di un nuovo esecutivo. A chi mi chiedeva perché i negoziati fossero così lunghi e inconcludenti, cercavo di dare qualche spiegazione. Ma finivo per provocare reazioni sorridenti e commenti ironici. Una buona parte della pubblica opinione europea era convinta che la politica italiana non fosse una cosa seria. Dopo avere recitato la parte dei duellanti, i partiti avrebbero ribadito la loro fedeltà all’integrazione europea e all’Alleanza atlantica, mentre per altri temi e problemi avrebbero trovato una formula che garantiva a ogni partito almeno un po’ di quello che avevano chiesto all’inizio del match. Questa era l’impressione che gli osservatori stranieri avevano della politica italiana. Non potevano fare a meno di un Paese che aveva una considerevole economia nazionale e occupava una cruciale posizione geografica; ma aveva l’inconveniente di cambiare troppo spesso i suoi governi. Oggi la situazione è cambiata. Negli scorsi mesi, senza che molti se ne accorgessero, l’Ue ha fatto un passo da gigante verso la sua integrazione. Per fare fronte agli enormi danni economici provocati dalla pandemia e dare un colpo d’acceleratore alle diverse economie nazionali, i leader delle istituzioni di Bruxelles hanno deciso che la somma necessaria per l’intero continente non poteva essere inferiore a 750 miliardi di euro e che buona parte di questo denaro doveva essere usato per iniziative destinate a coinvolgere contemporaneamente parecchi membri dell’Ue. Con questa decisione rilanceremo la crescita e, contemporaneamente, favoriremo l’integrazione delle diverse economie nazionali. Il piano è stato minuziosamente descritto in un estratto di 176 pagine intitolato «Recovery plan. Italia: 147 capitoli per fare ripartire il Paese» (Il Sole 24 Ore del 22 gennaio). Il denaro è stato raccolto sui mercati finanziari internazionali con la emissione di obbligazioni europee e il debito, quindi, è europeo. L’Ue non è ancora uno Stato pienamente federale e non ha ancora l’esercito auspicato dal presidente francese, ma esiste finalmente un Tesoro europeo e, con il denaro, una cosa che ancora qualche mese fa non esisteva: una sovranità europea. Questa nuova Europa economica, dalla Normandia alla Sicilia e all’Andalusia, non può più permettersi di avere fra i membri dell’Unione un governo zoppicante, paralizzato dalle sue chiacchiere, incapace di fare un buon uso della cascata di denaro che riempirà fra qualche mese i suoi forzieri. Nessuno ormai può permettere all’Italia di essere solo retoricamente europea, come accadeva in passato. Il Paese deve essere in sintonia con quelle parti d’Europa che sanno usare il loro denaro e non devono governare a singhiozzo. Questa è l’agenda che Mario Draghi troverà sul suo tavolo a Palazzo Chigi.