La Lettura, 7 febbraio 2021
QQAN40 Su "La storia prende il treno”
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Una piccola lepre, scattante e spaventata. Dovrebbe trovarsi sui binari, come indica ogni analisi del quadro, eppure non c’è. È svanita, quasi il treno l’avesse investita con il suo rostro metallico. È un convoglio della Great Western Railway, condotto dalla leggendaria motrice Salamanca, lanciato a folle velocità sul ponte ferroviario di Maidenhead. Emerso da una nube di luce e colore, punta verso il futuro. William Turner, il pittore britannico che nel 1844 dipinse questa scena, intitolata Pioggia, vapore e velocità, aveva visto giusto: il treno, mezzo di trasporto nato all’inizio del secolo, simbolo della modernità in quanto mosso dalla nuova energia sprigionata del carbone, avrebbe modificato radicalmente la storia a venire, trasformando spazi fisici e mentali in egual misura.
Sophie Dubois-Collet ha raccolto in un libro gli episodi memorabili della storia ferroviaria, dalla creazione delle prime linee nel XIX secolo al treno di Barack Obama, impiegato nel 2009 per il viaggio inaugurale del suo primo mandato. La storia prende il treno, in uscita per Add, è una carrellata di aneddoti ferroviari, un libro capace di mescolare fatti storici, trame letterarie e celebri pellicole. Sebbene l’autrice abbia incentrato il testo sul passato europeo, in particolare francese, non mancano puntate nell’Asia e nel Nord America dell’Ottocento, là dove le strade ferrate erano diventate l’avanguardia industriale del nuovo colonialismo.
Le pagine del volume hanno il pregio di far emergere, un racconto dopo l’altro, gli aspetti della vita umana che l’evoluzione del mondo ferroviario ha modificato nel corso del tempo. Agli inizi fu soprattutto la rapidità dei convogli a sorprendere popoli e sovrani: abituati com’erano al viaggio in calesse o diligenza, di solito scomodo e lungo, rimasero increduli di come il treno potesse spostare velocemente così tante persone alla volta. Alla riduzione delle distanze corrispose così una profonda modificazione delle abitudini. I primi a rendersi conto di questa straordinaria opportunità, che poteva abbinare rapidità, discrezione e sfarzo, furono i membri delle famiglie reali europee. Mezzo di trasporto preferito dalla regina Vittoria e da Napoleone III, il treno diverrà presto lussuoso ed elegante, un vero e proprio status symbol. Alcune linee istituite a cavallo fra Ottocento e Novecento, fra cui l’indimenticabile Orient Express e il francese Train Bleu, faranno della puntualità e della qualità dei servizi resi ai viaggiatori un vanto, al punto che i loro nomi sono ancora oggi in grado di evocare un immaginario definito, alimentato sia dal cinema sia dalla letteratura. Amati dai giallisti per via dell’appeal romantico e delle insolite soluzioni narrative che suggerivano, quelle vetture lanciate in corsa sui binari saranno protagoniste di innumerevoli trame, dai romanzi da Agatha Christie e Georges Simenon agli intrighi di Alfred Hitchcock.
Ma il treno non fu soltanto lusso e costume. Lo spazio a bordo, separato dall’ambiente circostante dalla velocità e dall’imperativo di ogni convoglio – fermarsi il meno possibile – divenne anche l’emblema di atmosfere ed emozioni di natura ben diversa. Nato durante la rivoluzione industriale, quando fu progettato in ambito minerario per facilitare il trasporto della materia estratta, il treno divenne la soluzione più conveniente per trasportare masse indistinte di persone da un capo all’altro di un continente.
Per questo motivo, nel corso del Novecento fu più volte sfruttato per muovere truppe e accelerare la deportazione. L’intero apparato bellico della Prima guerra mondiale, ad esempio, si basava sul trasporto ferroviario: il piano Schlieffen, la strategia d’attacco che portò i tedeschi alle porte di Parigi, fu reso possibile grazie all’impiego di circa 11 mila treni. Anni dopo, i convogli di carri bestiame utilizzati per convogliare i deportati nei campi di concentramento nazisti diventeranno un simbolo stesso della Shoah e dell’infatuazione del regime hitleriano per il rigore organizzativo e la meccanizzazione del Terzo Reich. Nonostante La storia prende il treno si concentri soltanto sulle grandi trasformazioni operate dal treno negli ultimi due secoli, tanto sociali quanto economiche, oggi è impossibile non considerare come rilevante anche il rapporto che lega ferrovie e spazi geografici, binari e ambiente. Si tratta di una relazione conflittuale, causata dal segno profondo e duraturo, a tratti invadente, che il trasporto ferroviario lascia sul territorio.
Nella realtà, infatti, accade il contrario di quanto succede nei diorami realizzati dagli appassionati di modellismo: motrici, vagoni e binari in miniatura sono il centro attorno al quale viene costruito tutto il resto, mentre nella realtà è necessario bucare montagne, tagliare centri abitati, dividere ecosistemi. Ne consegue che il treno ha natura ambigua, talvolta contraddittoria, in quanto mezzo di trasporto più pulito di altri, almeno in tema di emissioni, ma comunque in grado di provocare dissensi e proteste, come quelli che la costruzione della tratta ad alta velocità Torino-Lione scatena da anni in Val di Susa. Tutt’altro che rimpiazzato, il treno prosegue la sua corsa. Ha dettato mode, ridotto gli spazi e causato immani disastri. Ma il suo fascino resiste, inattaccabile, quasi fosse immune al passare del tempo. Chiunque vi salga sopra non può ignorare l’euforica sensazione di viaggiare a tutta velocità verso un altrove lontano e, al tempo stesso, il vago timore di essere intrappolato in un vagone trascinato da una locomotiva che non vuole o non può fermarsi.