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 2021  febbraio 05 Venerdì calendario

Clubhouse, il social senza foto: si parla e basta

Oh no, un nuovo social network. Proprio quando sembrava sconfitta l’ansia di sentirsi tagliati fuori dalle feste a cui tutti vanno, non essendoci più feste, ecco una nuova «festa», seppur digitale, per cui da una settimana tutti sembrano smaniare. Si chiama Clubhouse: cresce di mezzo milione di utenti al giorno. 
È un social accessibile a inviti e basato sulla sola voce: anziché con foto o interventi scritti si partecipa aprendo una conversazione, chiamata metaforicamente room, stanza, e si sceglie se gli altri possono intervenire, dando loro la parola (sistema che impedisce i litigi) o solo ascoltare voci o musica che trasmettiamo in diretta. Chi vuole ascoltare può entrare nelle «stanze» che l’app gli propone, secondo gli interessi che ha specificato: c’è di tutto, da «Politica estera» a «Identità», e un generico «Arts» che accorpa libri, moda e pure cucina. 
A differenza delle recenti novità social, come TikTok dove spopolano video ballerini con cui è difficile tenere il passo se si è sopra i 30, Clubhouse è alla portata di chi è sì tentato dall’esistenza di un nuovo modo di comunicare – l’app è nata ad aprile scorso, per chi nella solitudine da lockdown bramava di conversare per davvero, e non a mezzo fumettini, con chicchessia – ma è già esausto alla sola idea di impararne le regole. 
Come su Facebook all’inizio, si accede solo su invito. Ma trovarne uno pagando non è difficile (sulla piattaforma Unloved.com, ad esempio, costa 45 euro) e gli sviluppatori stanno moltiplicando gli inviti a disposizione. Per ora si usa solo da Apple, ma è iniziato lo sviluppo dell’app anche per Android. Una festa esclusiva: ma non inespugnabile. «Clubhouse è nuova, ma gli indicatori del successo ci sono», spiega l’imprenditore Marco Montemagno, tra i primi italiani ad aprirsi un profilo sull’app e «il più seguito, con 19.800 follower». Il capitale raccolto dalla società, che ha ad oggi un valore stimato di un miliardo di dollari e in cui ha investito il gigante del venture capital Andreessen Horowitz. «In Italia sta decollando: per ora la usano celebrity e comunicatori», prosegue Montemagno. Ma nel mondo gli utenti sono 6 milioni. Presto, comunicano i fondatori, si troverà un modo di monetizzare l’app, con biglietti d’ingresso alle «stanze». E che Twitter abbia lanciato Spaces, funzione simile, sembra una consacrazione. 
Già assiduo, oltre a rapper come Azealia Banks e che tengono su Clubhouse veri e propri concerti, è il miliardario Elon Musk, che quasi ogni sera alle 22 californiane declama il suo pensiero su trapianti di cervello, vita su Marte, hedge funds (e la sua intervista a uno dei protagonisti del terremoto azionario di GameStop ha fuso i server). 
In Italia la usano Fiorello, J. Ax, Levante, molti giornalisti. Molti sacerdoti, invitati dal prete-Youtuber don Alberto Ravagnani che raccoglie parecchio seguito in room mattutine dedicate al Vangelo del giorno. Molti improvvisati politologi, e ha aiutato che il boom italiano di Clubhouse avvenisse nei giorni della crisi di governo: ma le conversazioni hanno un tono confessionale, e così può capitare di essere invitati da uno sconosciuto a un dibattito intitolato «Draghi sarà il nuovo Monti?» il cui sottotitolo è «sono da solo in macchina, chi mi fa compagnia?». Ecco a cosa somiglia, ad un tratto, la nuova app: al vecchio baracchino dei radioamatori. Chi se lo ricordava?