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 2021  febbraio 05 Venerdì calendario

Cassese ricorda il governo Ciampi del ’93

«Avete presente un meraviglioso transatlantico che affonda al momento del varo? Ecco, rischiò di andare così. Ricordo la serenità con cui Carlo Azeglio Ciampi affrontò quel momento. “State tranquilli”, disse, “ora si risolve tutto”. E così fu».
Negli occhi del professor Sabino Cassese ci sono quei drammatici momenti del 1993 in cui il governo Ciampi, di cui era ministro della Funzione pubblica, rischiò di venir giù subito dopo il giuramento. Quell’esecutivo all-stars, in cui si combinavano ministri tecnici e politici, che oggi viene considerato il «modellino» da cui disegnare l’esecutivo guidato da Mario Draghi, subì già dal primo giorno un incidente che avrebbe travolto, forse, anche i capi di governo più navigati. 
Il governo giura al Quirinale il 29 aprile alle 10 e 30 del mattino; otto ore dopo, quando la Camera respinge a voto segreto le autorizzazioni a procedere nei confronti di Bettino Craxi, i ministri in quota Pds (Augusto Barbera, Enzo Visco, Luigi Berlinguer) e Verdi (Francesco Rutelli) rassegnano le dimissioni. Una specie di tsunami messo a posto in un batter d’occhio da Ciampi – «State tranquilli, ora si risolve tutto» – con Cassese che ancora ricorda «noi tutti chiusi in una stanza, i ministri che chiamavano i segretari di partito, gli appelli ai colleghi a ripensarci anche se non ci fu verso».
Sostituiti i ministri, Ciampi guida il governo come se fosse il commissario tecnico di una nazionale con soli talenti. Da Nino Andreatta a Leopoldo Elia, da Luigi Spaventa a Franco Gallo, da Piero Barucci a Gino Giugni e Alberto Ronchey. Lo stile? Preparazione dei dossier, studio delle carte, dialogo, dialogo e ancora dialogo. «Conservo ancora dei biglietti che il presidente», ricorda Cassese, «mi mandava durante i Consigli dei ministri quando su un punto eravamo a discutere ormai da ore. In uno c’era scritto: “Secondo te, Sabino, la discussione è matura perché si arrivi a una conclusione ragionevole?”». Solo una volta, ricorda l’allora ministro della Funzione pubblica, tecnica e politica, arrivarono a fare contatto, in uno di quei casi che oggi definiremmo un blitz. «Una volta sola. E successe all’inizio. Nicola Mancino, ministro dell’Interno, si presentò in Consiglio con un la proposta delle nomine di alcuni prefetti. Ciampi fece notare che non si poteva procedere perché nessuno degli altri membri di governo aveva potuto vagliare le candidature. E anche che il Consiglio dei ministri non poteva trasformarsi in un organo di sola ratifica, come negli anni a venire, purtroppo, spesso sarebbe diventato. Non successero più fatti del genere…».
Altro dettaglio. Il governo Ciampi lavorava solo di giorno. «Arrivammo a fare sera solo durante la discussione per la legge finanziaria», ricorda Cassese. «Ed è così che bisognerebbe fare, sempre».