Come è arrivata la scelta di Orcel?
«È stato un processo molto complesso, ma anche molto trasparente. E questo, unito alla qualità indiscussa della persona scelta, penso sia la miglior rassicurazione per i nostri stakeholder».
Orcel è un banchiere d’affari, mentre Unicredit dovrebbe recuperare terreno sulla parte commerciale. Non sarebbe stato più adatto un altro profilo?
«Orcel è una persona di elevato standing internazionale, riconosciuto dai mercati e con grande competenza sia nel banking sia nelle relazioni istituzionali. Certo, vogliamo continuare a rafforzare l’attività di banca commerciale e Unicredit sta facendo già importanti passi avanti in questo senso. Il fatto che Orcel sia identificato come investment banker non vuol dire che non si occuperà di banca commerciale. Tutt’altro. Sono certo che saprà creare un team manageriale dedicato a questo settore sotto la sua guida, integrato con le altre attività del gruppo».
Quindi cambierà l’organizzazione?
«Unicredit è una banca internazionale che richiede una struttura di management articolata ed efficiente. Una struttura che si può sempre migliorare: ora si va verso una minore centralizzazione e una maggiore flessibilità ed efficienza del top management. Da quello che Orcel ci ha detto mi aspetto che lavorerà fianco a fianco con manager capaci, dando loro autonomia e responsabilità».
Tra l’uscita di Mustier, dopo l’approvazione di risultati 2020 prevista per il 10 febbraio, e l’arrivo di Orcel il 15 aprile potranno esserci fino a due mesi. Nel frattempo non rischiate di perdere la rotta?
«Intanto Mustier ha dato la sua disponibilità a restare fino a fine mandato, ossia proprio il 15 aprile. Se lasciasse prima al massimo ci sarebbero due mesi, che sono un periodo non così lungo. Con la nostra struttura di top management la banca continuerà ad essere efficace dal punto di vista operativo edamministrativo. Vorrei rassicurare tutti gli stakeholder della continuità della nostra governance e del nostro business».
Ma ci sarà un traghettatore? Si parla di Carlo Vivaldi come direttore generale da designare proprio il 10 febbraio.
«Le posso dire solo che ci sarà piena continuità amministrativa e operativa. Eventuali decisioni del cda dipenderanno da un’eventuale uscita di Mustier prima dell’assemblea di aprile».
Come contate di rilanciare
Unicredit in un periodo difficile come questo?
«Nella crisi finanziaria del 2008 le banche erano un problema. Adesso invece sono parte della soluzione per i finanziamenti che danno all’economia reale. L’uscita dalla crisi del Covid e l’interrompersi di certi sussidi e aiuti rischia di creare un "effetto scogliera" in cui molte imprese potrebbero cadere in forti difficoltà. Una banca solida patrimonialmente come Unicredit può aiutare queste imprese a orientarsi verso un nuovo paradigma, basato proprio sui criteri ESG, che consenta loro di sfruttare anche opportunità come il "Green New Deal" varato dall’Europa e il Recovery Fund».
Insomma, orienterete le scelte strategiche dei vostri clienti?
«Sì. Per dirla in termini un po’ accademici è un grande problema di allocazione delle risorse. Le banche devono decidere dove fare credito e in questo modo dare anche indicazioni alle imprese sulla direzione in cui devono muoversi. In altri Paesi, specie fuori dall’Europa, sta già avvenendo. È una nuova frontiera sulla quale noi vogliamo essere avanti».
Draghi presidente del Consiglio cambierebbe il quadro per voi?
«Mi aspetto che porti il suo stile e la sua personalità per gestire una crisi complessa come quella italiana. Se c’è una persona in grado di farlo è lui, che in passato ha preso alcune fondamentali decisioni, perché ha la grande dote di riuscire a trovare una sintesi in situazioni complesse. Non so se la sua nomina influirà sul sistema bancario, ma il sistema bancario con la sua solidità e la sua capacità di mobilitare risorse farà tutto il possibile per aiutare un governo Draghi».
In Italia c’è un capitolo fusioni da affrontare. Che ruolo giocherete?
«Abbiamo voglia di crescere e di creare valore più di prima. Il nostro concorrente dall’altra parte della strada ha fatto un balzo in avanti nelle dimensioni attraverso un’acquisizione e non nego che questo ha modificato lo scenario competitivo. Di sicuro Unicredit dovrà considerare questo aspetto e ritengo che il nuovo Ceo se ne occuperà direttamente».
Quindi prevedete anche una crescita per linee esterne?
«Non escludo nulla. Siamo in una fase di profondo cambiamento e la crescita per linee esterne è uno degli strumenti a disposizione, anche se come è ovvio il cda non approverà nessuna operazione che non sia nell’interesse pieno di tutti i suoi azionisti».
E Mps lo è?
«Questa ipotesi sarà valutata come tutte le altre, facendo i conti. In passato è stato posto il tema della neutralità di capitale, che è un tema importante perché preserva i risultati del lavoro di rafforzamento svolto negli anni scorsi».
Una certa vulgata vuole lei in Unicredit per agevolare la fusione con Mps, che da ministro del Tesoro ha salvato. Orcel andrebbe in direzione opposta. È così?
«No, è una visione del tutto fuorviante. Io non sono stato né chiamato né spinto dalla politica in Unicredit e continuo ad essere estraneo a pressioni politiche».