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 2021  febbraio 05 Venerdì calendario

Birmania, il golpe salva il narcotraffico

Pochi sembrano aver compreso le ragioni del colpo di stato in Myanmar. Per capire gli eventi di questi giorni bisogna avventurarsi nel nord della Birmania, dove si produce e raffina l’eroina, le pillole di metanfetamina mischiata al caffè dette yaba, e l’ice, piccoli cristalli bianchi nove volte più potenti della cocaina venduti in bustine da tè. Il fentanil, prima smerciato agli americani in modo legale dall’industria farmaceutica, viene ora confezionato qui. Il nostro viaggio parte da Ruili, una città cinese al confine con la Birmania, che ho visitato qualche anno fa per scrivere un libro sulle mafie globali. Attraverseremo il confine per entrare a Muse e continueremo fino a Lashio e Mandalay. Questo viaggio ci permetterà di capire l’equilibrio della droga, dove gruppi paramilitari appoggiati dai generali birmani, milizie etniche ed esercito regolare gestiscono un mercato che vale 40 miliardi di dollari l’anno, in una delle regioni più povere del mondo. Capiremo anche come le proposte del parlamento che mettevano in pericolo questo sistema andavano fermate.
Quando io e la mia guida prendiamo l’ultimo taxi per Ruili l’uomo alla guida ci dice: «Quello che vedrete a Ruili non lo vedrete da nessun’altra parte in Cina». Ruili è il porto d’ingresso di una vasta gamma di precursori usati per raffinare le droghe nel Triangolo d’oro, un’area di circa 950.000 chilometri quadrati nello Shan birmano. Nelle foreste dall’altra parte del confine viene prodotto il 45% dell’eroina mondiale. Lo Shan è il maggior produttore al mondo di yaba e ice, che arrivano fino in Italia. Un fiorente traffico di esseri umani, soprattutto giovani donne destinate ad essere comprate da scapoli cinesi, passa di qui. A Ruili si verificò il primo caso di Aids in Cina. Per strada i ragazzini mi mostrano il 4 con le dite dalla mano: “la numero 4” è il nome in gergo dell’eroina. Attraversare il confine non è difficile. Tutte le sere centinaia di cinesi salgono su bus che li portano nei casinò birmani a giocare fino al mattino.
Muse è la città che sorge sull’altra sponda del fiume Shweli. Qui il controllo del territorio non è in mano all’esercito regolare, ma a milizie paramilitari che collaborano con lo stato centrale nella lotta ai gruppi etnici separatisti. L’esercito etnico più agguerrito è quello dei Wa. Per tanti anni i Wa hanno prodotto eroina nella giungla per finanziare il loro progetto statuale, costruire scuole, strade e ospedali. Adesso i gruppi paramilitari appoggiati dall’esercito regolare sono accusati di proteggere la produzione di droga su vastissima scala. Nel gennaio 2018 un laboratorio di metanfetamine fu scoperto non lontano da Lashio, in una zona sotto il controllo delle milizie governative, sulla strada per Muse. Nessuno venne arrestato, ma furono confiscate 30 milioni di pillole di yaba. È lecito sospettare che i responsabili fossero stati avvisati in anticipo e il raid fosse uno show. Nonostante le confische, il prezzo dell’ice non cambia. Nel 2020 furono ritrovati 3.400 litri di precursori per produrre il fentanil destinato al mercato americano in una zona dello Shan controllata da paramilitari alleati dell’esercito birmano (i Kaungkha).
Le milizie non ricevono uno stipendio dal governo e gli stessi soldati regolari sono malpagati. L’unico modo per sopravvivere – e arricchirsi – è proteggere il mercato della droga. Per giustificare la loro presenza e l’alleanza con i paramilitari, i generali mantengono alta la tensione con i gruppi etnici, rendono molto difficile il passaggio di aiuti umanitari, non costruiscono infrastrutture e si oppongono ad un piano di pace che offra autonomia regionale. I generali – responsabili del genocidio dei Rohingya – sono anche contrari all’iniziativa del parlamento birmano di ripensare la lotta alla droga. Nella scorsa legislatura, il parlamento aveva adottato un programma di riduzione del rischio e decriminilizzazione del consumo. L’esercito invece promuove un approccio draconiano di criminalizzazione, con l’arresto di consumatori e piccoli spacciatori. Secondo una stima di Crisis Group, il 70% dei detenuti birmani sono stati condannati per reati legati a consumo e possesso di piccole quantità di droga. I grandi trafficanti sono invece impuniti. Il processo di democratizzazione stava mettendo in serio pericolo questa perversa economia politica ed è una causa non detta del golpe. Inoltre il parlamento aveva intrapreso un processo di riforme dell’economia per rompere il monopolio che l’esercito ha sul sistema produttivo e bancario, attraverso cui vengono riciclati – si sospetta – i proventi della droga.
Il mio viaggio è continuato fino a Mandalay. Dalla antica capitale si può raggiungere Katha, la città dove George Orwell, figlio di un funzionario dell’impero britannico che raccoglieva le tasse sull’oppio, ha vissuto per due anni. Lì trasse l’ispirazione per Giorni in Birmania. Oggi, come allora, la produzione di droga si intreccia con le strategie degli stati, mentre gli oppressi vengono dimenticati.