Corriere della Sera, 4 febbraio 2021
I talk e i dubbi sulla classe dirigente descritti da Maupassant
Quando nei talk di martedì sera, ho visto Mario Giordano, ho sentito parlare di «suicidio di una classe dirigente», ho assistito alla rissa sovranista che sovrasta il pensiero, mi è tornata in mente una novella di Guy de Maupassant. Si chiama Les Dimanches d’un bourgeois de Paris, è un omaggio al capolavoro Bouvard e Pécuchet, si discute di tutto, anche di suffragio universale.
Monsieur Rade sostiene che il suffragio universale è una stupidaggine (teniamo presente che spesso il suo buonsenso rasenta la stupidità) e così argomenta: «Riconoscete con me che gli uomini di genio sono rari, non è vero? Per abbondare, ammettiamo che ce ne siano cinque in Francia, in questo momento. Aggiungiamo, sempre per abbondare, duecento uomini di grande ingegno, mille uomini dotati di talenti diversi e diecimila uomini superiori in un modo o nell’altro. Ecco uno stato maggiore di undicimiladuecentocinque unità. Dopo di che, vi trovate davanti all’esercito dei mediocri, seguito dalla moltitudine degli imbecilli. Dato che i mediocri e gli imbecilli costituiscono sempre l’immensa maggioranza, è inammissibile che possano eleggere un governo intelligente». Queste cose succedevano in Francia, sia ben chiaro.
In Italia, tanto per fare un esempio, è impossibile che degli scappati di casa diventino ministro e condizionino la vita del Paese. Monsieur Rade insiste: «Fare partecipare al governo tutte le forze vive del Paese, rappresentare tutti gli interessi, tener conto di tutti i diritti è un sogno ideale, ma poco pratico, perché la sola forza che si possa misurare è proprio quella che dovrebbe essere meno considerata, la forza bruta: il numero». E, nella sua stolidità, sentenzia: «Col vostro metodo, il numero senza intelligenza conta più dell’ingegno, della sapienza, di tutte le conoscenze acquisite, della ricchezza, dell’industria, ecc.». Correva l’anno 1880, in Francia. Hic sunt Dracones.