ItaliaOggi, 3 febbraio 2021
Periscopio
«Hai fiducia e rispetto per la magistratura?». Fiducia, no. Al rispetto sono costretto. Fabrizio Rondolino, scrittore (Giancarlo Perna). Libero.
I giornalisti hanno la mentalità da impiegati delle Usl. Vogliono solo rassicurazioni, benefit, protezioni: quando sono collaboratori si fanno un mazzo quadro. Poi appena hanno conquistato la scrivania si adagiano e diventano dei burocrati. Luciana Baldrighi, Feltri racconta Feltri. Sperling & Kupfer Editori, 1997.
Non mi piacciono i governi di unità nazionale se non durante le guerre. Nei regimi democratici i governi devono essere governi politici. Durante una guerra si ha un unico obiettivo: vincerla. Paragonare l’epidemia a una guerra è inutile retorica. Durante un’epidemia si combatte il virus con il vaccino, ma produrre vaccini non è compito dei governi, distribuirli riguarda invece l’amministrazione, sulla quale i partiti hanno visioni diverse. Ernesto Galli della Logga, storico (Maurizio Caversan), la Verità.
Il socialismo è un’altra cosa rispetto a quello dei millennial, quello di Alexandria Ocasio-Cortez. Nei primi anni del secolo, prima che arrivasse il comunismo, produceva le società di mutuo soccorso, le prime associazioni sindacali, le banche popolari: era riformista. Parlando tutti di welfare state dimenticando che il primo a elaborarne uno è stato Bismarck e che la Prima Repubblica risollevò l’Italia dopo la guerra attraverso un meraviglioso sistema di welfare. Il piano Fanfani diede una casa a milioni di persone. Oggi chi lo fa? Chi è attento ai bisogni delle persone? La sinistra è quasi soltanto estetica, stile, punto di vista: guarda come rutta quello, guarda quanto è volgare quell’altro. E si occupa praticamente solo del pareggio di bilancio, roba da ragionieri. Tra i rider che chiedevano diritti e i nuovi padroncini, è stata dalla parte dei nuovi padroncini. Ha avallato l’idea che fosse meglio il lavoro a due lire che niente, ha lasciato migliaia di persone a lavorare in condizioni pietose, fregandosene del valore universale delle tutele. Pierluigi Battista (Simonetta Sciandivasci), il Foglio.
Con lo Zio Silvio, Casini fu a lungo alleato. Per poi appoggiare, negli anni, anche i governi guidati da Monti, Letta e Renzi. Tango, valzer, rock: Casini conosce ogni ballo. I cronisti politici, per questo, lo adorano. Ed evitano di chiedergli se spera di diventare, un giorno, Presidente della Repubblica («Tra l’altro, guardi: io mi candidai, qui al Senato, per puro orgoglio paterno. Mentre le mie due figlie più grandi, mi ripetevano dai papà, basta, molla, Caterina e Francesco, che avevano 13 e 9 anni, mi guardavano invece con l’aria di dirmi: ma che lavoro fai di preciso? Ecco, rimasi in politica per loro»). Fuoriclasse. Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera (Fabrizio Roncone). Corsera.
Napolitano, al posto di Mattarella, avrebbe fatto sapere di aver contattato Mario Draghi (o un’altra personalità con collaudate esperienze internazionali) costringendo i partiti ad accettarlo e, in caso contrario, avrebbe sciolto il Parlamento. Al contrario, Mattarella ha lasciato fare a Conte, consentendogli perfino di ridisegnare in articulo mortis la mappa dell’Intelligence e di sistemare i suoi famigliari più stretti (ambasciatore Benassi e ammiraglio Massagli). Conte in bilico sul precipizio. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Se un sindaco sa il fatto suo o è iperattivo può rischiare di rimanere imbrigliato nelle maglie del formalismo giuridico, di rimediare qualche rinvio a giudizio, di vedersi rovinata la propria carriera o reputazione. La lezione da trarre da questo paradosso? Semplice. Chi firma è perduto. Meglio non fare niente. Si rischia meno. E si vive meglio. Giuseppe De Tomaso, la Gazzetta del Mezzogiorno.
Nei giorni delle manifestazioni del regime, si temevano arresti e perquisizioni. Allora papà mi affidava un pacco con il suo diario e le sue carte, da portare alla vicina del piano di sotto. Un giorno spuntò un ritaglio con il suo nome. Solo allora capii chi era. E lui mi raccontò la sua vita politica. Ero ancora bambina, ma stavo già dalla sua parte. Maria Romana De Gasperi (Aldo Cazzullo), Corsera.
Adesso la Germania controlla nuovamente il cuore dell’Europa. Rispetto a noi tedeschi gli altri popoli dell’Europa sono diventati periferici: gli inglesi nella loro isola, i francesi schiacciati di fronte all’Atlantico, gli spagnoli e gli italiani chiusi nelle loro penisole, il resto, danesi, olandesi, belgi, lussemburghesi, irlandesi, greci, portoghesi, senza peso. Hans-Dietscher Genscher, ex ministro degli esteri tedesco, liberaldemocratico. Saverio Vertone, Il ritorno della Germania. Rizzoli, 1992.
Chiunque, viaggiando in Germania avrà percepito l’inflessibilità di un doganiere, o la durezza di tono di un poliziotto. Tutti sono rifugiati nel loro ruolo di agenti di Stato, inaccessibili all’aspetto umano delle situazioni. Ciascuno sarà stato colpito dal formalismo che regna nei rapporti ufficiali, dal modo cerimonioso con il quale i titoli degli interlocutori sono ininterrottamente menzionati, come per rassicurarsi dell’esistenza di una gerarchia. Brigitte Sauzay, Le vertige Allemand. Olivier Orban, 1985.
Se penso a quello che fecero i tedeschi in Italia e a Modena, dal 1943 al 1945, ancora li odio e li disprezzo. Ma poi penso a Beethoven, a Kant, a Goethe e allora li rispetto anche se non posso dimenticare. Guglielmo e Vittorio Zucconi, La scommessa. Rizzoli, 1993.
Era estate a San Candido, in Val Pusteria. Eravamo in vacanza noi due, da soli, io e mio padre. Io dovevo avere tredici anni. Adolescente magra, timidissima, muta davanti agli estranei. Ancora profondamente bambina, anche se alta ormai come una donna. Tu, contento del sole in quelle montagne che amavi tanto. Dunque a San Candido, bellissimo borgo asburgico, era la festa del paese: bancarelle, krapfen, la banda che imperversava, e tutti in piazza a ballare danze tirolesi. Noi due ce ne stavamo ai margini, a osservare. C’erano molti giovani alpini, la penna nera sul cappello. Tu li guardavi con benevolenza paterna: alpino con la Julia sul Don, alpino per sempre. Marina Corradi, scrittrice. Gazzetta di Parma.
Anche mio suocero chiuse travolto dalla globalizzazione. Lui, a fine anni 80, quando, per la prima volta, un cliente gli chiese il prezzo di un tessuto. Ne fu scandalizzato. Per lui, il mondo perdeva uno dei suoi fondamenti: l’idea rinascimentale per cui il signore che commissiona il ritratto all’artista non chiede quanto costa. Edoardo Nesi, scrittore (Candida Morvillo). Corsera.
Se non amassi Vittoria come l’amo io, l’amerebbe un altro.