il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2021
Google deve pagare 2,6 milioni di dollari a 5.500 a donne che hanno subito una discriminazione salariale
Discriminazione salariale nei confronti delle donne e anche verso alcune aspiranti dipendenti: Google ha accettato di pagare 2,6 milioni di dollari per sedare le accuse di ben 5.500 tra lavoratrici donne, di origine asiatica. L’accordo chiude un caso aperto quattro anni fa dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti. Secondo le indagini nel periodo compreso tra il 2014 e il 2017, Google ha pagato ingegneri donne meno di colleghi uomini con posizioni simili. Le discrepanze retributive sono state riscontrate in diversi uffici di Google: California, Seattle, Kirkland, Washington. Google prima aveva contestato le accuse definendole infondate, poi ha raggiunto l’accordo. “Crediamo che tutti dovrebbero essere pagati in base al lavoro che svolgono, non a chi sono” ha spiegato l’azienda in una nota, poi assicurando di investire molto per rendere i processi di assunzione e compensazione equi e imparziali. La società di Mountain View ha anche detto di aver condotto audit interni negli ultimi anni per affrontare eventuali disuguaglianze nella retribuzione dei suoi dipendenti. Tuttavia, l’accordo prevede che Google paghi 1,35 milioni di dollari a oltre 2.500 dei suoi ingegneri donne e altri 1,23 milioni di dollari a circa 1.700 donne asiatiche che hanno fatto domanda per lavorare come ingegnere. Inoltre, Big G. dovrà contribuire con 250mila dollari l’anno per cinque anni per creare un fondo per coprire eventuali aggiustamenti futuri. “Indipendentemente dalla complessità o dalle dimensioni della forza lavoro, rimaniamo impegnati a far rispettare le leggi sulle pari opportunità per garantire la non discriminazione e l’equità nella forza lavoro”, ha affermato Jane Suhr, che sovrintende ai programmi di conformità dei contratti federali del Dipartimento del lavoro a San Francisco. L’accordo peserà poco sui conti di Google o nella sua società madre Alphabet, che genera oltre 130 miliardi di dollari di entrate annuali ma la sensazione è che questo tipo di notizie, un po’ alla volta, sta facendo sgretolare il mito dei datori di lavoro illuminati e all’avanguardia della Silicon Valley. Il business è business e si porta dietro tutti i difetti “tradizionali” dell’ecosistema aziendale: scandali, molestie, rivendicazioni sindacali, mobbing, discriminazione e così via. Nei mesi scorsi, per dire, migliaia di dipendenti di Google hanno protestato per una ricercatrice di intelligenza artificiale che sostiene di essere stata licenziata per un documento di ricerca non in linea con l’azienda. Più recentemente, i lavoratori di Google da ogni parte del mondo stanno rpovando a riunirsi in un sindacato. Qualcosa, insommma, si muove.