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 2021  febbraio 02 Martedì calendario

Solo a dicembre 99mila donne espulse dal mercato del lavoro

In un anno sono spariti 444mila occupati. E solo nell’ultimo mese 101mila, mentre sono saliti disoccupati e inattivi e diminuite le ore lavorate. Da qualunque lato lo si guardi, il mercato del lavoro ha chiuso il 2020 in netta caduta. Un dato drammatico, a maggior ragione se si considera che gli effetti della pandemia sull’occupazione sono stati finora mitigati dal blocco dei licenziamenti, che ha blindato, almeno virtualmente, i posti di gran parte dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Non a caso del pas- so indietro di dicembre hanno fatto le spese innanzitutto le donne, speso impiegate in lavori più precari discontinui: sono crollate di 99mila unità le occupate rispetto a novembre. A picco anche i lavoratori autonomi (-79mila). Nell’anno della grande crisi da Covid, dicembre è stato il mese delle feste natalizie in ’rosso’ – con locali chiusi e mobilità fortemente ridotta – che hanno pesato in negativo sul lavoro più di quanto abbiano spinto le poche giornate di ’corsa’ ai consumi. Così l’occupazione, come commenta l’Istat nel suo report mensile di ieri, è tornata a diminuire «interrompendo il trend positivo che tra luglio e novembre aveva portato a un recupero di 220mila occupati» dopo il tonfo di primavera, i mesi del lockdown più rigido. La disoccupazione a dicembre è risalita al 9% (+0,2) e quella giovanile al 29,7%. Il tasso di occupazione è al 58%, con un calo dello 0,2 su novembre e dello 0,9 su dicembre 2019.
Rispetto al febbraio 2020, ultimo mese pre-pandemia, sono stati spazzati via 420mila occupati, quasi tutti andati a gonfiare l’esercito degli inattivi, che conta 400mila unità in più. Un travaso che ha provocato l’effetto statistico della diminuzione dei disoccupati: in 150mila hanno smesso di cercare attivamente lavoro, convinti di non trovarlo.
Ma la crisi, come si diceva, colpisce più duramente
le donne. Negli ultimi 12 mesi a perdere il lavoro sono state 312mila lavoratrici a fonte 132.000 lavoratori maschi. Guardando alla condizione professionale, tra i dipendenti a pagare il conto sono stati solo i lavoratori a termine, crollati 393.000 unità, mentre salivano di 158.000 unità quelli permanenti, grazie appunto al divieto di licenziare. Gli autonomi in un anno hanno ceduto 209.000 unità di lavoro.
Nel raffronto mensile la diminuzione dell’occupazione (0,4% a dicembre rispetto a novembre) ha coinvolto oltre alle donne e alle partite Iva, tutte le classi d’età, con l’unica eccezione degli ultracinquantenni che mostrano una crescita di 28mila unità (ma il dato si riduce al netto della componente demografica).
Una situazione «gravemente compromessa», commenta la Cisl che considera «sempre più urgenti, per evitare il precipizio, la proroga del divieto di licenziamento (in scadenza il 31 marzo, ndr) e della cassa integrazione Covid, senza alcuna selettività, così come la riproposizione delle indennità, in particolare per Co.co.co. e partita Iva». Soprattutto, aggiunge il segretario generale aggiunto Luigi Sbarra, occorre «superare velocemente l’empasse della crisi di governo». Se il blocco dei licenziamenti non verrà prorogato, avverte anche la Cgil, saremo di fronte «a una vera e propria bomba sociale». Sulla stessa posizione anche la Uil che parla di «febbre alta», mentre Confcommercio sottolinea soprattutto le difficoltà del lavoro autonomo. La situazione è «allarmante», afferma il presidente del Cnel Tiziano Treu, secondo il quale «in questa fase è fondamentale l’utilizzo di tutte le risorse disponibili» per spingere gli investimenti.