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 2021  febbraio 02 Martedì calendario

I 100 anni dell’ingresso di D’Annunzio al Vittoriale

Gabriele D’Annunzio entrava nella villa che sarebbe diventata Il Vittoriale degli Italiani il primo febbraio 1921. «Vi si dedicò come se fosse un’opera, la definì il suo “libro di pietre vive”. Fu il suo ultimo capolavoro», racconta Giordano Bruno Guerri che, da storico, ha firmato tanti libri sul vate e, da presidente della Fondazione del Vittoriale, dal 2008 ha raddoppiato i visitatori, superando i trecentomila. Quel giorno di cento anni fa, il cinquattottenne D’Annunzio era noto come poeta, seduttore, eroe di guerra, drammaturgo, autore di spettacolari incursioni militari come la beffa di Buccari e conquistatore della Città di Fiume, abbandonata poche settimane prima, sotto le cannonate dell’Andrea Doria. Ricorda Guerri: «Disse ai suoi di cercargli una casa, vicino all’acqua e nel Nord Italia. Conosceva il lago di Garda perché lo sorvolava in aereo, diceva: splende come una calza della gamba di una donna. Gardone gli piacque anche perché difficile da raggiungere e lui non voleva essere tanto visitabile: nel ’21 è l’italiano più famoso nel mondo e il più conteso, a destra e a sinistra». 
L’idea del libro di pietre vive quando arriva? 
«In principio, lui spera di tornare alla politica, convocato come grande salvatore, ma il re non lo chiamerà mai. Mussolini, invece, ad aprile, è già lì a omaggiarlo, ma soprattutto a controllare che non abbia grilli per la testa. Infatti, Italo Balbo e Dino Grandi vanno a Gardone a proporgli la guida del fascismo, ma D’Annunzio non li riceve, così come non riceve Gramsci. Li respinse facendo dire al segretario che lui, prima, doveva consultare la Stella Diana. Loro aspettarono e, il giorno dopo, lui fece sapere che la stella non era apparsa». 
Il Vittoriale che cosa racconta di D’Annunzio? 
«La Prioria, la casa, racconta un gusto estetico, una sovrapposizione di stili e oggetti assai raffinata. Il parco celebra la sua unione con la natura e l’eroismo di guerra: con la prua della Nave Puglia, il Mas96 che gli ispirò il motto Memento Audere Semper, l’aereo Sva con cui tempestò Vienna di volantini nel ’18...». 
Nel 1923, dona il Vittoriale al popolo italiano. Atto di generosità o di narcisismo? 
«Questo, e anche un ottimo affare: non pagò mai il mutuo, avendo donato tutto allo Stato che dovette finanziare opere e ampliamenti. L’originaria cascina del ‘700 arriverà a tremila metri quadrati coperti e il parco raggiungerà i dieci ettari. Ma anche per lo Stato fu un affare: ha acquisito anche 33 mila libri preziosi e un archivio di tre milioni di pezzi, oltre a una casa-museo che si regge sui biglietti e sostiene centinaia di persone». 
D’Annunzio pagò la villa 260 mila lire e cinque anni dopo incassò dieci milioni per la sua opera omnia. Pagò poco la casa o fu strapagato per i diritti d’autore? 

«La sua popolarità era enorme e, nonostante la cifra esorbitante, Mondadori divenne “la Mondadori” vendendo D’Annunzio in tutto il mondo. Lui, però, conduceva una vita dispendiosa. Aveva 27 domestici e largheggiava con le mance. Lo testimoniano centinaia di biglietti. Alla cuoca regalò duemila lire, tre mesi di stipendio, per una buona frittata. Insomma, non riuscì a finire tutti i lavori: il teatro all’aperto l’ho finito io l’anno scorso». 

Che vita faceva al Vittoriale, D’Annunzio? 
«Seguiva i lavori. Finì il Notturno, poi scrisse il suo Libro segreto e riceveva signore e signorine. Chiamava “La clausura” le stanze per le donne autorizzate a dormire in casa: Luisa Baccara, sua compagna ufficiale; la governante e amante francese Amelié; la diva del muto Elena Sangro, la contessa Evelina Scapinelli Morasso, sua ultima amante, e Tamara de Lempicka che però resistette al suo fascino. Il diario della governante è spassosissimo perché sia lei sia Baccara erano infuriate che qualcuna osasse dire no a D’Annunzio». 

Eventi per il centenario? 
«Questo doveva essere l’anno del trionfo. Per ora, da Dpcm, riapriamo casa e parco dal martedì al venerdì e solo il parco nel weekend. Però, grazie a cinque cantieri di restauro, presentiamo il Vittoriale com’era con D’annunzio. A settembre, inaugureremo il Museo Maroni sulla fabbrica del Vittoriale. Il 28 gennaio abbiamo dedicato un giardino al primo presidente, Eucardio Momigliano. La voglia di Vittoriale c’è: l’estate scorsa, nei due mesi di tregua dal Covid, abbiamo avuto quasi gli stessi visitatori del 2019».