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 2021  febbraio 02 Martedì calendario

Gianluca Vacchi e le vittorie sulla neve

«Io e Tomba venivamo regolarmente battuti da Gianluca Vacchi. Per nostra fortuna smise di sciare». Kristian Ghedina, il più grande discesista italiano, ha raccontato sul Corriere ad Aldo Cazzullo, un insolito dietro le quinte: a «dare una pista» a lui e «la Bomba» era proprio l’imprenditore e social media star (con 36,9 milioni di followers). «Sì è vero e il fatto che Kristian lo abbia ricordato mi ha fatto piacere – conferma Vacchi —, fino a 17 anni sciavo più forte di loro. Ma non sarei stato un campione».
Cosa le mancava?
«Sarei stato penalizzato dal mio carattere sensibile. Quando hai davanti un cancelletto e oltre a quello un muro di ghiaccio devi essere un carrarmato, come Alberto, o un matto vero come Kristian». 
Ghedina la ricorda come un fuoriclasse.
«Tra di noi non c’era competizione, avevamo abilità diverse: nessuno come Kristian riusciva a far scorrere gli sci, non aveva paura di niente, era matto come un cavallo, se gli dicevi che doveva andare giù a 100 km all’ora e al termine c’era un roccia da schivare, lui si lanciava. Anche la foto con la spaccata dice tutto di lui: sapeva che l’acrobazia poteva portargli via qualche frazione di secondo, ma doveva farlo».
E Alberto Tomba?
«Il più grande di sempre, però non faceva discesa: diceva che era la mamma a non fargliela fare, aveva paura. Ha creato la tifoseria dello sci: prima non esisteva, lui ha creato un tifo calcistico. Quando scendeva anche le banche si fermavano per mezz’ora: era così sicuro che esultava al traguardo prima di vedere il tempo, perché era certo che se arrivava in fondo non c’era dubbio che aveva vinto».
Andava a scuola a Cortina.
«Mio padre mi ha messo gli sci ai piedi a 4 anni e ha capito che c’era della stoffa. Così mi sono trasferito a vivere in montagna, dove ho fatto elementari, medie e il primo anno di superiori. Alle medie mia madre, donna molto preparata, era stata incaricata di farmi da precettore».
Perché ha lasciato?
«A un certo punto volevo capire come mio padre riuscisse a far sì che io e mia madre potessimo permetterci di passare l’inverno intero a Cortina... volevo diventare anche io un uomo d’affari».
Cosa le hanno lasciato quegli anni sugli sci?
«Tenacia, onestà e senso del sacrificio: io e Kristian alle 6 di mattina eravamo già su un ghiacciaio e alle 9 di sera già in camera. Certo, poco dopo, in qualche modo, da quella stanza uscivamo».
Se sua figlia tra qualche anno le chiedesse di sciare?
«La scorterei io. Oggi con l’attrezzatura che esiste tutti credono di poter sciare, c’è incoscienza e presunzione. Preferirei se suonasse il piano».
Tra un like e una discesa, cosa le dà più adrenalina?
«Ci sono similitudini, ma una differenza sostanziale: il like è soggetto al giudizio altrui, è interpretabile, opinabile e soggettivo. Una discesa è il giudizio assoluto contro il tempo che non risente di simpatie e stati d’animo. I secondi sono quelli, insindacabili».