Specchio, 31 gennaio 2021
A casa Johnson a tavola non si discute di Brexit
Stanley Johnson ha 80 anni, una madre francese, è stato eurodeputato britannico nel 1979 e ha lavorato per la Commissione europea a Bruxelles. E lì il figlio Boris, primo ministro del Regno Unito, ha trascorso parte della sua infanzia. Deve aver trovato l’Europa e la sua capitale piuttosto soporifera se ha deciso di guidare nel 2016 il fronte per trascinare Londra fuori dalla Ue. Quattro anni più tardi ha messo il suo sigillo sull’accordo definitivo di divorzio.
E proprio in quell’istante il papà Stanley gli recapitava il messaggio che lui avrebbe chiesto il passaporto francese. «Sono inglese, ma anche francese», la sua giustificazione. Nessuna sorpresa, il padre è un Remainer di quelli tignosi. E nessun litigio – almeno non pubblicamente o su social e tv – fra padre e figlio. Che è la vera e propria pecora nera in famiglia sul caso Brexit.
La sorella Rachel ha lasciato i Tory iscrivendosi nel 2017 agli euro-entusiasti Lib-Dem. Ha cercato senza fortuna un seggio al Parlamento europeo nel 2019. E che dire allora di Jo, il minore dei Johnson, stessa chioma colorata di Boris, ma tenuta perfettamente in ordine? Ha fatto il ministro dell’Università con Theresa May, ma quando ha fiutato che il fratello avrebbe preso il comando – 24 luglio 2019 – e marciato verso Brexit a tappe forzate, si è dimesso e ha lanciato una sua piattaforma pro-Remain.
Boris non può contare nemmeno su Leo, il terzo fratello, sconosciuto ai riflettori dei media. Lavora alla City e la massima concessione politica che si è fatto è criticare, via tweet, l’ex guru di Johnson e falco anti-Ue Dominic Cummings.
Famiglia divisa e mediazioni sul tema impossibili. Ma non di solo Brexit vivono gli inglesi. Infatti quando Boris diventa leader dei Tory i parenti stretti sono tutti lì a celebrarlo, in prima fila, con lo smartphone a fare fotografie. E pazienza se BoJo la pensa diversamente sull’Europa, gli eurocrati, la sovranità nazionale. Pranzi e feste di famiglie sono salve. In casa Johnson il motto dev’essere un semplicissimo «Natale con i tuoi, ma Brexit con chi vuoi». Senza rancore.