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 2021  gennaio 31 Domenica calendario

Il mercato e la tentazione da scambisti

Ogni mercato comincia e conclude la sua storia con il baratto. In mezzo ci sono plusvalenze, bonus, obblighi di riscatto, complicazioni di ogni tipo, ma all’inizio e alla fine è semplice: “Se io do una cosa a te, tu poi dai una cosa a me”. E qui si trova al momento l’economia del calcio. Al baratto si ricorre pur di fare qualcosa o pur di fare fuori qualcuno. Appartiene alla prima categoria lo scambio tra Faragò e Calabresi che ha probabilità di influire sulla salvezza di Bologna e Cagliari quanto l’ha fatto sull’umore delle tifoserie. Alla seconda quello (parrebbe fallito) tra Dzeko e Sanchez. Resta l’interrogativo valido per tutte le scelte non vissute: come sarebbe andata, chi ci avrebbe guadagnato? È facile: la Roma.
Per due motivi: primo, perché tutti hanno sentenziato il contrario e non va mai come ci si aspetta. Tanto più (seconda ragione) che l’Inter è ultima con distacco nella classifica dei baratti. Ha scambiato Pirlo con Guglielmimpietro, Seedorf con Coco, Cannavaro con Carini, Boninsegna con quel che restava di Anastasi. Obiezione: ha fatto tre punti quando cambiò Ibrahimovic con Eto’o e vinse il triplete facendogli arare una fascia. Giusto, per allora, ma guarda adesso: a pari età, uno ancora regna a Milano, l’altro sverna in Qatar.A tutti capita la tentazione di una notte da scambisti, ma si sa che quando l’alba illumina l’altra faccia della verità ci si pente perché, ben che vada, non si è guadagnato nulla. Neppure se sei il Milan: diede indietro il bisbetico Bonucci alla Juve (che si era tenuta lo scontrino) dopo solo un anno in cambio del promettente Caldara, pensando che la gioventù fosse un valore aggiunto. Errore. Con Pjanic per Arthur non è ancora chiaro a chi tocchi il resto, di certo si tratta di spiccioli. Eppur si prova: un po’ per disperazione, un po’ per la soddisfazione di poter realizzare un doppio affare (azzeccare il colpaccio e tirare la fregatura) e un po’ per risentire il soffio dell’infanzia, l’epoca dello scambio di figurine in cui, tra quelle che c’erano, una valeva una e a contare era soltanto la mancanza. Un preludio di nostalgia, l’anticipo di una versione da grandi in cui quel passaggio sottobanco prende il nome di “rimpasto”: se mi dai Bonafede ti do quest’altro, se mi dai Conte ti lascio attaccare tutte le altre facce.
Alla fine, nel calcio come nella vita, gli unici che contano sono quelli che non puoi barattare né con uno né con dieci perché sono “diseredanti”: quando se ne vanno butti la maglia, cambi nome alla casa e speravi de mori’ prima. Poi la vita continua, ma stai solo scambiando un minuto col successivo.