Corriere della Sera, 31 gennaio 2021
Dante e il processo da rifare
«Sono stati processi politici e le pene d’esilio e di morte inflitte a Dante, mio carissimo avo, sono ingiuste e mai sono state cancellate come accaduto con Galileo Galilei. E dunque, se le leggi ce lo consentiranno, chiederemo la revisione», conferma Sperello di Serego Alighieri, astrofisico dell’osservatorio di Arcetri, rappresentante della diciannovesima generazione del Sommo Poeta.
A suggerire l’idea all’Alighieri scienziato è stato uno degli studi penalistici più blasonati di Firenze, guidato dall’avvocato Alessandro Traversi, docente universitario di Diritto processuale penale. Che è arrivato alla conclusione che un nuovo processo a Dante non è affatto un’utopia, nonostante i sette secoli trascorsi.
Gli articoli 629, 630 e 632 del codice di procedura penale stabiliscono infatti che è suscettibile di revisione qualsiasi sentenza passata in giudicato qualora emergano nuove prove che dimostrino l’innocenza del condannato.
La richiesta non ha limiti di tempo e può essere proposta da un erede del condannato stesso. Così è stato chiesto il parere a Sperello Alighieri che ha subito accettato con entusiasmo.
Ma prima di far partire le eventuali procedure, Traversi e i suoi colleghi di studio hanno deciso di organizzare un convegno al quale parteciperanno alti magistrati, giuristi, storici e linguisti, per verificare anche ogni possibile aspetto tecnico.
All’evento prenderanno parte tra gli altri Margherita Cassano, presidente aggiunto della Cassazione e Mauro Iacoviello già procuratore generale aggiunto della Suprema corte.
«Sono due le condanne inflitte a Dante – spiega Alessandro Traversi —. La prima all’esilio, la seconda a morte e sarà interessante capire se alla luce degli Statuti Fiorentini del tempo e degli attuali principi giuridici i due giudizi potranno essere suscettibili di revisione».
Dante Alighieri fu condannato nel 1302 con una sentenza di Cante de’ Gabrielli da Gubbio, allora podestà del Comune di Firenze.
«Non solo per reati politici – ricorda ancora Traversi – ma anche per gravi e infamanti reati comuni simili ai delitti contro la pubblica amministrazione commessi da pubblico ufficiale (Dante era stato priore, ndr) contemplati nell’attuale codice penale. Tra questi quello di “baratteria”, come si diceva al tempo, ovvero una sorta di corruzione o traffico di influenze illecite».
Furono giusti processi? Probabilmente no ed è per questo che i giuristi, ma anche gli storici e i linguisti, hanno deciso di riaprire il cold case più celebre della storia.
«Per chiederci se furono sentenze di regolari procedimenti giudiziari – sottolinea Traversi – o invece solo il frutto avvelenato della politica che usò strumentalmente la giustizia per colpire un avversario».
L’evento è previsto per il 21 maggio, oltre all’erede di Alighieri ci sarà anche Antoine de Gabrielli, manager francese, discendente del podestà che condannò Dante.