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 2021  gennaio 31 Domenica calendario

Navalny, Putin e noi: perché siamo diventati nemici

Il caso Navalny sta diventando una tragica commedia degli errori. Vladimir Putin tratta il suo avversario come un temibile nemico politico e gli regala una immeritata dimensione nazionale. Gli europei e gli americani non possono ignorare che nella più recente indagine statistica del Centro Nevada (una libera istituzione nata nell’epoca di Gorbaciov e nota per la sua indipendenza), le iniziative di Navalny possono contare sul sostegno del 20% dei russi, mentre la fiducia di cui gode nell’insieme della popolazione non supera il 4% (per Putin è il 32%). In altre parole il popolo russo non sembra avere grande stima né per il capo dello Stato né per l’uomo che aspira a diventare leader dalla opposizione. Dopo molti anni di malriposti entusiasmi ideologici e qualche ondata di speranza all’epoca di Gorbaciov, la Russia sembra essere precipitata in una fase di incredulità e scetticismo.
La glorificazione di Navalny sulla stampa internazionale sembra dare risultati modesti. E gli avversari di Putin non giovano alla propria credibilità nazionale quando approfittano della sconfitta di Donald Trump e della vittoria di Joe Biden per chiedere a un presidente americano di intervenire nelle loro vicende.
La realtà dei fatti
Un problema «Russia» esiste e andrebbe trattato in una più equilibrata prospettiva diplomatica
Ma un problema «Russia» esiste e andrebbe trattato in una più equilibrata prospettiva. Putin ha molti difetti e ha probabilmente commesso un grande errore quando ha rinunciato a continuare quella battaglia contro gli oligarchi, all’inizio della sua carriera politica, che aveva straordinariamente giovato alla Russia e alla sua reputazione. Ma non è mai stato comunista, ama il suo Paese e vorrebbe che la Russia continuasse ad avere nelle relazioni internazionali lo status di grande potenza che aveva in epoca pre-sovietica e sovietica. È esattamente quello che gli Stati Uniti sembravano disposti ad accettare durante il vertice Atlantico di Pratica di Mare nel maggio del 2002, quando il loro presidente (George W. Bush) firmò con la Russia di Vladimir Putin, l’Italia di Silvio Berlusconi e gli altri membri del Patto Atlantico, una dichiarazione congiunta contro il terrorismo. Ma la luna di miele russo-americana durò soltanto sino a quando Washington preferì permettere che i Paesi della Europa centro- orientale (gli antichi satelliti dell’Urss) dessero alla Nato una forte connotazione anti-russa. È l’esatto opposto di ciò che era stato concepito a Pratica Mare ed è opera di Paesi che, dopo essere diventati membri dell’Unione Europea e dopo avere largamente approfittato della sua generosità, stanno facendo il possibile per impedirle di realizzare gli obiettivi e le speranze della sua stessa esistenza. Putin ha cominciato da allora a comportarsi come se gli amici di ieri fossero diventati nemici e rende la questione ancora più imbrogliata. E tutto questo sta accadendo per un uomo che, come sappiamo, può contare nel suo Paese su una popolarità pari al 4% della pubblica opinione.