La Gazzetta dello Sport, 31 gennaio 2021
Biografia di Alessandro Gocciadoro
Gocciadoro, di nome e di fatto. Allenatore, guidatore, organizzatore. In meno di dieci anni il 46enne professionista emiliano ha messo insieme un impero di 120 cavalli capaci nel 2020 di far vincere al suo team 44 Gran Premi e 369 corse, delle quali Alessandro ne ha portate a casa 290 da guidatore, aggiudicandosi lo scudetto della categoria. Oggi a Parigi il desiderio di una svolta ulteriore nell’edizione n. 100 del Prix d’Amérique con Vivid Wise As, il cavallo capace nel recente Prix de Bourgogne di mettere tanta paura al francese compagno di colori Face Time Bourbon, alla causa del quale fu immolato 12 mesi fa con una percussione suicida (e rottura all’ingresso della dirittura) per sparigliare le carte nel gruppone e aprire la strada verso la vittoria di squadra.
Sabbione magico
L’impero Gocciadoro è a Noceto, in provincia di Parma. Due blocchi di scuderie, separate da alcuni chilometri. Spazi verdi, tanti paddock, una pista circolare di 800 metri e soprattutto il “sabbione magico”, dirittura lunga un chilometro, con un fondo sabbioso molto morbido di quasi 30 centimetri, sul quale Gocciadoro allena tutti i suoi cavalli. Sembra questo il segreto della sua straordinaria ascesa: «Ho imparato in Svezia – rivela – studiando Ake Svandstedt, il miglior trainer del mondo. L’uomo che negli Stati Uniti ha portato Sebastian K al record mondiale. I cavalli vengono allenati in gruppo con sessioni di prove ripetute sui 600 metri a velocità blanda, da 1.35 al chilometro. Nessuno stress di velocità e intanto lavorano su respirazione, fondo e forma fisica che permette loro, tra l’altro, di migliorare molto la meccanica. Se notate infatti, quasi tutti i nostri cavalli non portano finimenti correttivi perché comunque trottano. Uno degli esempi più evidenti è Vernissage Grif, il secondo campione di scuderia assieme a Vivid. Correva pieno di correzioni, noi gli abbiamo levato tutto ed è sceso sotto l’1.10».
Organizzazione top
Bastasse il sabbione....: «Certamente no. Sono tornato in Italia nel 2013. In Svezia non ce la facevo più e dovevo sistemare il rapporto con Sinead, la ragazza poi diventata mia moglie. Mi affianca ogni giorno in tutto e per tutto. Anche come autista, ogni anno tra macchina e treno ci sciroppiamo più di 100mila chilometri. Sono partito con 6 cavalli, li allenavo sulla pista dismessa di un piccolo aeroporto. Tanta fatica, sacrifici, tanto studio. Questo sistema di allenamento è prezioso, ma il problema vero è capire quando un cavallo è pronto per correre visto che non fa mai velocità. Il segreto è questo, a partire dalle 25 persone che lavorano per noi. Tutti giovani, uniti. E soprattutto competenti. Perché in sulky sul sabbione ci sono spesso loro e devono capire quando i loro cavalli sono ok, confrontandosi con me. Vivono tutti nel centro di Noceto, abbiamo formato una squadra molto affiatata». Ma non basta: «Per sostenere questo metodo di allenamento e rendere in gara i cavalli devono avere tanta qualità, perché un brocco resta tale anche ovunque. E poi alimentazione studiata, i migliori veterinari e i maniscalchi top: senza questa base fondamentale nulla sarebbe possibile. Infine il supporto dei proprietari che ci hanno dato sempre fiducia, con un pensiero speciale per la famiglia Miccichè».
Vivid Wise c’è
In un mondo in cui il veleno scorre a fiumi, gli inevitabili sospetti. “È bravo ma qualcosa deve fare ai suoi cavalli...” si bisbiglia nei corridoi, con riferimento a presunte pratiche illecite, doping tanto per essere chiari: «Amiamo e rispettiamo i nostri cavalli. Gli svedesi hanno mandato i crini in un laboratorio giapponese, il migliore al mondo. Non hanno trovato nulla, perché il nostro “doping” è lavoro, fatica, passione e atleti di qualità». Come Vivid Wise As, campione vero anche se poco costante: «L’anteriore sinistro ogni tanto gli crea qualche problema, ma quando è dritto....». È un osso duro per tutti, capace di vincere il Vitesse a Cagnes dopo un miglio al largo e di minacciare Face Time Bourbon nel Bourgogne l’ultima volta: «E ho dovuto lasciarlo tranquillo in dirittura perché non era perfetto, ma lo sarà nell’Amérique. Lo abbiamo dosato, calibrato, rispettato. È al cento per cento: stavolta nessuna strategia, nessun sacrificio in favore di Face Time Bourbon. Spero soltanto in un po’ di fortuna soprattutto nella partenza da fermo che lo scorso anno è costata a Vivid diversi metri. Ho tanta fiducia e me la voglio giocare, non firmerei neanche per il secondo posto...».