Tuttolibri, 30 gennaio 2021
12QQAFM10 Vita di Eve Babitz
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«La verità è che mi hanno capita solo dopo che, per tipo novant’anni, non ho più scritto un solo libro». A volte le prefazioni, soprattutto se scritte dall’autore stesso e dopo un congruo lasso di tempo dall’uscita del libro in questione, sono quasi più interessanti del libro stesso. O meglio, ne permettono una lettura totale, come quei campi lunghissimi nelle inquadrature di certi western.E il West è anche il territorio di Eve Babitz, della quale esce ora in Italia L.A. Woman, il suo ultimo romanzo, scritto nel 1982, che fondamentalmente intitolò a se stessa: la donna di Los Angeles, una specie di Holly Golightly con l’abbronzatura e i capelli sbionditi dal sale dell’oceano, è proprio lei.Oggi che di anni ne ha settantasette, e dopo essere praticamente scomparsa dalla scena pubblica nel 1997, in seguito a un incendio che le aveva sfigurato buona parte del corpo, Babitz sta vivendo la sua seconda vita di scrittrice. Tutto è avvenuto grazie a una giornalista, Lili Anolik, che nel 2010 si era invaghita di lei (era stato come «cadere nella tana del coniglio»), l’aveva studiata e pedinata per poterle parlare (Babitz non ama le interviste, ma alla fine di questo articolo troverete un «bonus») e infine ne aveva scritto un articolo e un libro, dando inizio a un revival che culminerà, probabilmente, con la serie tv sulla sua vita prodotta da Hulu di cui si parla da tempo. Ma non è finita qui: la donna a cui interessavano soltanto «divertimento, uomini e guai» e che gli amanti se li sceglieva quasi sempre famosi e potenti (tra i tanti ci fu anche Jim Morrison, che si ispirò a lei per il brano L.A. Woman dove a un certo punto dice «non ho mai visto una donna così sola»), proprio lei è diventata l’idolo delle femministe Millennial, da Jia Tolentino ed Emma Roberts in giù.Nata nel 1943 da un’artista e un violinista, Igor Starvinskij come padrino, negli anni Settanta Eve Babitz è stata un faro, quando non proprio il palcoscenico, della scena culturale e mondana (i due aspetti sono inscindibili) di una Los Angeles che non c’è più, quella di Hollywood, dello Chateau Marmont, degli sballi, dei giri notturni sulle auto scoperte e degli attori che non si erano ancora seppelliti nelle ville faraoniche a sfornare stories e video di ricette. Di lei si racconta sempre e soprattutto una storia un po’ scandalosa, riassunta in uno scatto che il fotografo Julian Wasser – quello che immortalò Joan Didion davanti alla sua Corvette mentre fumava una sigaretta e Roman Polansky con lo sguardo perso sotto il portico ancora sporco del sangue della moglie Sharon Tate – fece al Pasadena Art Museum nel 1963. In bianco e nero, ci sono Marcel Duchamp e una bella ragazza completamente nuda che giocano a scacchi: così Eve aveva architettato di vendicarsi di uno dei suoi amanti, il direttore del museo Walter Hopps, che in occasione di un importante vernissage le aveva preferito, come più uno, la legittima consorte.Tante love story, certo, ma un unico vero amore, Los Angeles, usata sempre come filtro per raccontare se stessa. I suoi libri – una miscela 80 per cento memoir, 20 per cento ricamo – sono in fondo un pretesto per dragare un’epoca (molto rimpianta) e un luogo (molto cambiato) ben precisi con l’interesse, quasi, di una documentarista. La sua è una scrittura fluttuante e dissoluta, libera e lussurreggiante, che più che a una prosa tutta fatica e sudore assomiglia ai racconti ancora lievemente eccitati della domenica mattina, quando l’idea di uscire a divertirsi il sabato sera era ancora plausibile.L.A. Woman (ai tempi recensito malissimo dal New York Times, cosa che prima la gettò nella disperazione e poi, misteriosamente, la convinse a disintossicarsi dalle droghe) non è che un ulteriore tassello della sua vita raccontata per interposta party girl, Sophie, aspirante socialite losangelina che si sceglie come mentore Lola, più vecchia e dal fascino spaziale ed esotico. Sfavillando per i viali, Sophie ha un mucchio di avventure (anche con lo stesso Jim Morrison, «quei giorni di vino e oppio e rose e nasi pieni di LSD e cocaina»), decide di partire per l’Europa, ma niente riesce a tenerla separata dalla città a cui appartiene.Babitz, lo sappiamo già, non ama concedere interviste, e quando lo fa opta spesso per la telegraficità. Quando l’abbiamo contattata per questo articolo, ha scelto accuratamente le domande a cui rispondere.Sul passato: a luglio saranno 50 anni dalla morte di Jim Morrison, qual è il suo ricordo preferito? «Ora mi è difficile ripensare a quei tempi. Sembrano appartenere a un altro mondo».Sulle letture: è noto che lei legge moltissimo. Cosa? «Sto rileggendo tutti i libri che ho letto nella mia vita. E anche i noir ambientati a L.A.».Sulle donne: qual è la più grande conquista per una donna? «Vincere le paure e vivere la propria vita».Sulle svolte: qual è stata la più importante? «L’incidente, ed è tutto quello che dirò sull’argomento».Sul riconoscere i propri limiti: è migliorata a scacchi, dopo che Duchamp l’aveva battuta in due sole mosse? «A scacchi non gioco più».