Tuttolibri, 30 gennaio 2021
3QQAFM10 4 kg di pelle, due metri quadri di infinito
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Anatomia sensibile, che esce per Sur con la traduzione di Silvia Sichel, è stato pubblicato in originale nel 2019. È un termine ante quem: prima del virus. Eppure è il libro da tenere sul comodino adesso, accanto alle benzodiazepine e al saturimetro. Come se lo scrittore, Andrés Neuman, avesse avuto una premonizione. Sono cose che accadono agli scrittori bravi. Fiutano tracce, prevedono gli inciampi, smascherano le false piste. Ma attenzione: Anatomia sensibile non è un libro di fantascienza, né una distopia sul mondo malato, sull’estinzione dell’umanità. È un romanzo sul corpo. Un inventario per la manutenzione letteraria del corpo, diviso in trenta capitoli che corrispondono ad altrettante parti anatomiche, ultima delle quali è l’anima. La prima è la pelle «Più che ricoprirlo, consegna il corpo. Lo espone e insieme lo protegge… Motore ipersensibile, colleziona aggressioni. Promuove le carezze. E sembra condannata a esagerare. Le si attribuiscono indicativamente quattro chilogrammi e due metri quadrati d’infinito».
Andrés Neuman è nato a Buenos Aires nel 1977 e vive in Spagna, amato da Bolaño è un vincitore seriale di premi importanti, tra i quali l’ambitissimo Alfaguara che ogni anno consegna quasi 200.000 euro al miglior romanzo in lingua spagnola. Nel 2009 è stato assegnato al suo Il viaggiatore del secolo, uscito in Italia per Ponte alla Grazie e poi Einaudi, che a seguire ha pubblicato anche La frattura e La vita alla finestra. Per Sur sono già uscite due raccolte di racconti, Le cose che non facciamo e Vite istantanee. Prolifico, scrive anche poesie, Neuman ha un blog leggendario (Microrréplicas), e insegna letteratura latinoamericana all’università di Granada. Anatomia sensibile è un libro anche divertente, di arguzia sopraffina, zeppo di frasi intelligenti e moltissima letteratura. Appartiene alla categoria di libri che non diventeranno mai un film, tantomeno una serie tv. Se vuoi sapere cosa sono li devi leggere. E non te ne pentirai. «I capelli hanno due temibili nemici, l’alopecia e la poesia. La prima via via li debilita, l’altra li finisce. Per ogni verso che si accanisce su una chioma d’oro come il grano, un capello si lancia dalla finestra in segno di protesta».
Dicevamo della pandemia. Tutti quanti ci interroghiamo. Ma mentre gli scienziati, per rispondere alle domande, lavorano a regime forzato – e così i biologi, i medici, gli infermieri… – gli artisti languono. Per mancanza di spazi dove esibirsi, di pubblico, ma soprattutto di comunità. Anche gli scrittori, che sarebbero animali da lockdown, sono in stallo. Perché da quando è sparito il mondo, è comparso un gigantesco senso di colpa con cui confrontarsi. La nostra responsabilità ci ossessiona. Chi ha mangiato il maledetto pipistrello? Siamo stati noi, che occupiamo, distruggiamo. Siamo colpevoli, arroganti, ci siamo comportati come se fosse tutto nostro. Basta noi, basta io! Già, ma senza io, senza noi, come si fa a scrivere? Olga Tokarczuk, nella sua prolusione al Nobel, disse che sognava un nuovo tipo di narratore, un narratore in quarta persona. Lo chiamò tender narrator. «È un punto di vista, una prospettiva da cui si vede tutto. Vedere tutto significa riconoscere la verità definitiva della connessione reciproca di tutte le cose in un tutto, anche laddove questi legami non ci sono ancora noti. Vedere tutto significa anche assumere un tipo di responsabilità completamente diversa nei confronti del mondo, visto che diventa evidente che ogni gesto “qui” è legato ad un gesto “lì”, che una decisione presa in una parte del mondo provoca effetti in un’altra sua parte, che il discrimine fra “mio” e “tuo” comincia ad essere labile».
La quarta persona, il tender narrator di Neuman è il corpo. Che dunque non è solo l’oggetto di questa minuziosa analisi, ma anche il soggetto di questo libro che è un piccolo talismano. Il Decameron di questa peste non sono le fiabe. Chi cerca le fiabe le trova su Netflix. La letteratura, la migliore, in questa peste cerca di capire qual è il ruolo degli esseri umani. Chi siamo noi che abbiamo fatto questo enorme pasticcio col mondo? La risposta di Neuman è commovente: noi siamo il nostro corpo, che è insieme identità ma anche trascendenza dall’identità. Quarta, quinta sesta persona… Insomma: l’anima. «L’anima non è femminile né maschile, è entrambe le cose, o una terza, quarta, ennesima. Va sempre verso l’altro lato. Ogni voce che incontra la battezza a modo suo. Affranta nei mistici, volontaria nei trans, non fa distinzioni di nomi o dimore. È sacrosanta solo la sua trasformazione con il desiderio. Periferia con centro in sé stessa, assomiglia a un bersaglio e l’emozione al dardo. L’anima è un’opera d’avanguardia senza autore». —