La Stampa, 30 gennaio 2021
Il posto delle donne
Non sono di quelli innamorati del #meetoo, il più recente movimento femminista (spero la definizione non sia offensiva). Ne condivido tuttavia molte rivendicazioni, ma non l’interezza, e trovo pessimi i frequenti metodi inquisitori. Se però fossi una donna non sarei precisamente soddisfatta (oppure soddisfatto, perché non lo sono neanche da uomo) delle scene viste alle consultazioni del Quirinale. È vero, due donne, la mia amata Emma Bonino e Loredana De Pretis di Leu, che ho conosciuto come parlamentare combattiva e preparata, hanno parlato a nome dei loro gruppi, e di donne se ne sono viste parecchie, anche una leader di partito, Giorgia Meloni, e di uno dei partiti più rilevanti. Ma spesso sembravano fungere da alibi. Pure Teresa Bellanova e Elena Bonetti, che accompagnavano Matteo Renzi, sono rimaste zitte a fianco del capo, in replica della conferenza stampa in cui furono annunciate le dimissioni da ministre, ma non avemmo la grazia di sentire la loro voce. Tantomeno sarei soddisfatto del Pd, che in cent’anni di vita, dalla nascita del Pci a oggi, mai ha avuto un segretario donna e nonostante predichi la parità di genere, anche con accenti accademici, e da Sergio Mattarella è salito con quattro uomini e una donna. Colpa mia, non ricordavo chi fosse. Poi l’illuminazione: è la presidente del partito, Valentina Cuppi, sindaco di Marzabotto. Molto simbolica la città, per la strage nazista, e parrebbe molto simbolica lei. Mentre scendevano lo scalone per andarsene, i quattro uomini stavano davanti e lei dietro, ultima. Di cedere il posto non se ne parla, ma non cedere neanche il passo la dice lunga.