Robinson, 30 gennaio 2021
Quando i giornali fecero la Repubblica
È esistito un tempo in cui la carta stampata era sinonimo di libertà ritrovata e in cui i giornali di carta si rendevano protagonisti di epiche battaglie politiche e civili, scandite da centinaia di migliaia di copie vendute ogni giorno. Era la stagione in cui l’Italia si liberava dal fascismo e si avviava lungo la strada che avrebbe portato alla Repubblica e poco dopo alla Costituzione, le due cornici essenziali per ricostruire il paese nella lealtà ai valori dell’occidente.
Non è male dedicare oggi una riflessione a quell’esplosiva voglia di essere liberi, tra il 1943 e il 1947, che non avrebbe potuto fondarsi che sui giornali: quelli politici e quelli d’informazione, entrambi al centro di una battaglia per la democrazia che implicava conflitti, ma costituiva l’atteso segnale della rinascita. Nell’età della carta in crisi, dei “social” invasivi e della pseudo informazione gratuita e manipolabile, è opportuno sottolineare proprio questo aspetto: non esiste dinamica democratica senza giornali forti e adeguati a un ruolo di controllo del potere sempre identico al di là dell’evoluzione tecnologica.
Dobbiamo a Giancarlo Tartaglia, storico e segretario generale della Fondazione Paolo Murialdi, un volume che fornisce gli strumenti affinché anche un giovane che vive tra Facebook e Twitter possa domandarsi se non valga la pena di preservare le fondamenta della libertà collettiva. Edito dal Mulino, il lavoro di Tartaglia è solo l’ultimo in ordine di tempo di una serie di opere dedicate al giornalismo in Italia. Ritorna la libertà di stampa delinea un percorso che si snoda dal 25 luglio ’43, in quel misto di sconcerto ed euforia provocato dalla caduta di Mussolini, fino ai mesi intensi della Costituente. In quel contesto la libertà di stampa è un fluire dinamico di iniziative volte a riprendere il contatto con la nascente opinione pubblica.
Tartaglia racconta luci e ombre di questo cammino. L’epurazione delle firme e dei direttori più compromessi con il regime, la necessità di riorganizzare la professione, il ruolo della Federazione Nazionale della Stampa, anch’essa tornata alle sue origini liberali, la lenta normalizzazione conformista che prenderà il sopravvento negli anni successivi. Pagine da non dimenticare.