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 2021  gennaio 29 Venerdì calendario

1QQAN40 Geopolitica di Mediobanca

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Senza gli studi di Carlo Cipolla su Le avventure della lira e quelli sul movimento dei cambi in Italia, dal secolo XIII al XV, non sapremmo quanta storia politica e quanta storia culturale possano nascondersi nella circolazione del denaro. Giovanni Farese, professore di Storia economica alla Università Europea di Roma, ha trovato entrambe nelle vicende che hanno accompagnato la nascita di un istituto bancario milanese sin dagli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, quando il Paese non si era ancora risollevato dalle vicende di un conflitto che aveva distrutto le sue città, paralizzato le sue fabbriche e rovesciato il sistema politico che di quella guerra perduta era responsabile.
L’istituto si chiamò Mediobanca e tra i suoi fondatori nel 1946 brillava già un uomo nato nel 1907, Enrico Cuccia, che era stato dapprima giornalista al «Messaggero» di Roma e aveva fatto poi molte esperienze bancarie in Italia e all’estero, fra cui un passaggio al ministero italiano delle Finanze e un soggiorno negli Stati Uniti. Questo gruppo di amici sapeva che l’economia e la finanza, nel mondo del dopoguerra, sarebbero state alquanto diverse da quelle degli anni che avevano preceduto il conflitto. La City di Londra avrebbe continuato a recitare una parte autorevole sul palcoscenico della finanzia mondiale, ma la capitale degli affari sarebbe stata a New York; e il mondo ne ebbe una prova quando i consiglieri di Franklin D. Roosevelt, presidente degli Stati Uniti dal marzo 1933, gli suggerirono di affidare a una conferenza internazionale il compito di scrivere le nuove regole della finanza e del commercio internazionale. All’incontro, che ebbe luogo nel luglio del 1944 a Bretton Woods, nello Stato americano del New Hampshire, parteciparono 730 delegati provenienti da 44 Paesi; e il nome della località divenne da allora quello di una Bibbia economico-finanziaria.
In un’epoca in cui vi era anche un’altra Bibbia (Il Capitale di Karl Marx), la scelta di Bretton Woods era anche politica e culturale. Come emerge con chiarezza dal libro che Farese ha scritto per l’Archivio storico di Mediobanca «Vincenzo Maranghi», Mediobanca e le relazioni economiche internazionali dell’Italia, una tale scelta, nel clima della Guerra fredda, prese una forte connotazione anticomunista e filo-atlantica (il Patto atlantico venne siglato nell’aprile 1949). Vi era allora in Italia un Istituto atlantico di cui Mediobanca divenne amica e sostenitrice.
Ma Cuccia e i suoi amici (fra cui Raffaele Mattioli della Banca commerciale, Alberto Beneduce dell’Iri, Ugo La Malfa, Adolfo Tino e Quinto Quintieri) avevano anche altre caratteristiche. Erano democratici, repubblicani, laici, fortemente attenti agli interessi del loro Paese e delle imprese. Quando, nel 1948, Ugo La Malfa fu capo di una delegazione italiana in visita alla Unione Sovietica, non esitò a stipulare con Mosca accordi economici e commerciali. E quando la Fiat di Gianni Agnelli e Vittorio Valletta decise di costruire a Stavropol-sul-Volga (oggi Togliatti) una fabbrica di automobili, Mediobanca non esitò a finanziare l’operazione. E mentre l’India di Pandit Jawaharlal Nehru suscitava a Washington un forte disappunto, per le sue relazioni economiche con l’Urss, Mediobanca non esitò ad accompagnare senza pregiudizi il suo sviluppo e la sua crescita.
Un capitolo non meno interessante, nella storia di Mediobanca, è il suo rapporto con l’Africa. Cuccia la conosceva, ne era attratto ed era convinto che l’Italia, dopo avere perduto le colonie, potesse fare un buon uso delle sue antiche esperienze. Farese osserva che la prospettiva internazionale di Cuccia in Africa, come quella di Guido Carli (membro di governi e futuro governatore della Banca d’Italia), fosse quella di un ministro della Economia o di un governatore di Banca centrale, piuttosto che quella di un semplice banchiere.
Tutti, infine, avevano un altro obiettivo: l’unità dell’Europa. Per Mediobanca, in particolare, l’Europa, in quel momento, era impersonata da Jean Monnet, ispiratore della dichiarazione europea di Schuman, geniale creatore e presidente della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, fondatore di un Comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa di cui gli uomini di Mediobanca divennero non meno amici e sostenitori di quanto fossero stati per l’Istituto atlantico. Monnet aveva avuto una gioventù molto varia e interessante. Era stato rappresentante all’estero di vini prodotti a Cognac dall’azienda del padre. Era stato banchiere d’investimenti per la Società Blair and Co, aveva fondato con qualche socio una banca d’affari che portava, tra gli altri, il suo nome, aveva fornito al generale de Gaulle un piano per la modernizzazione della industria francese. Non sorprende che gli uomini di Mediobanca, quando lo conobbero, abbiano trovato in lui un amico e maestro; e non sorprende che Jean Monnet provasse per Mediobanca gli stessi sentimenti.