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 2021  gennaio 28 Giovedì calendario

Un monte ore per i talk

Fra le centinaia di disposizioni che il governo ha impartito non ce n’è una che stabilisca il monte ore a disposizione degli ospiti di talk show. Peccato. Lo so che detta così può sembrare una norma illiberale (nel momento in cui si lavora al Conte terzo), ma lo scopo sarebbe solo quello di limitare il traffico di opinioni, una specie di codice della strada.
Quando Tizio, con il logo di appartenenza alle spalle, ha consumato il monte ore di giudizi, si ritira momentaneamente in un eremo (simbolico) per ricaricarsi. Tutto qui. Avrete certamente notato che ormai c’è una compagnia di giro stabile che passa da un talk all’altro: sempre le stesse facce, gli stessi convincimenti, gli stessi teatrini. Un rituale d’abitudine, amministrato anche dalla pigrizia delle singole trasmissioni. Come se il momento non richiedesse una lealtà civile, un senso di responsabilità, un’intelligenza polimorfa.
La frase che tutti ripetono è particolarmente significativa: «Siamo tutti nella stessa tempesta, ma su barche diverse». Di solito, gli ospiti fissi dei talk parlano diffusamente della tempesta, ma sono tutti sulla stessa barca e spesso danno l’impressione di non conoscere altre barche, se non attraverso frasi retoriche di commiserazione. Ci sono barche che galleggiano, ma ci sono barche che stanno affondando e non possono nemmeno andare in tv a dirlo. Persino in una tragedia come la pandemia, gli uomini – quelli noti più ancora degli altri – cercano visibilità per non sparire nell’irrilevanza e ritengono di essere nel giusto, di avere ragione in proporzione al tempo di esposizione. Una situazione difficile la si domina se si ipotizza un punto di vista altro rispetto a essa, una progettualità che ci permetta di riaggiustare costantemente l’andatura del mondo.
Le chiacchiere non comprendono la complessità, tantomeno le polemiche o l’ipocrisia di chi è sempre in tv ripetendo di detestarla.