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 2021  gennaio 28 Giovedì calendario

Cronaca del disastro inglese

«Abbiamo fatto degli errori»: il governo britannico non ha potuto non ammettere che qualcosa – parecchio – è andato storto. Di fronte a più di 100 mila morti, non è più possibile scaricare le responsabilità. «Errori monumentali», incalza il Partito laburista dall’opposizione: e il suo leader Keir Starmer, in Parlamento, martella Boris Johnson con una sola, ripetuta domanda, «perché?».
Il primo ministro resta evasivo, svicola, ma non potrà evitare quella che ormai si profila come l’inaggirabile commissione d’inchiesta. Anche se in realtà le risposte sono sotto gli occhi di tutti: una catena di errori, omissioni e retromarce che hanno scandito l’ultimo anno. Johnson è stato sempre lento a reagire, rimandando le decisioni difficili fino al momento in cui non erano più evitabili ma risultavano ormai tardive. Sempre un passo indietro rispetto agli eventi, con un’unica strategia apparente: chiudere ogni volta la stalla quando i buoi erano ormai scappati.
Il premier britannico aveva preso sottogamba l’emergenza fin dall’inizio. Nel febbraio dell’anno scorso, portata a termine la Brexit, si era dileguato chissà dove assieme alla giovane fidanzata: e aveva saltato tutte le riunioni del comitato di emergenza che si occupava di quello strano virus in arrivo dalla Cina. Solo ai primi di marzo Boris si era palesato, quando in Italia erano già scattate le prime zone rosse: ma per dire che non c’era nulla da preoccuparsi e che bastava lavarsi bene le mani.
La prima vittima britannica è del 5 marzo scorso, una donna settantenne. Ma il governo non fa nulla: incredibilmente, mentre il resto d’Europa avvia i lockdown, in Inghilterra viene autorizzato il festival di Cheltenham, un evento pubblico dove si ammassano mezzo milione di persone. E lo stesso Boris si vanta di essere andato negli ospedali a stringere le mani a tutti. C’è da dire che pure i consiglieri medico-scientifici del governo lo spingevano su quella strada: la loro opinione, all’inizio, era che bisognava solo abbassare la curva dei contagi, non sopprimerla del tutto. Era la famigerata strategia dell’immunità di gregge, quello che si è rivelato il peccato originale dell’approccio di Londra alla pandemia.
È così che, quando alla fine di marzo, messo di fronte a scenari apocalittici, Boris fa marcia indietro e si decide a imporre il primo lockdown, il virus si è già diffuso a macchia d’olio. Ma al peggio non c’è fine: perché gli ospedali, al limite del collasso, dimettono gli anziani e li spediscono nelle case di riposo. È una strage, ma è solo la prima. E per poco il premier stesso non ci lascia le penne, visto che finisce in ospedale e se la cava solo per un soffio.
Quella sulle residenze per anziani non è l’unica decisione che appare incomprensibile. La primavera scorsa, al picco della prima ondata, il governo continuava a dire che le mascherine erano inutili: e nessuno le indossava, neppure al chiuso. Ci sono voluti molti mesi perché venissero imposte, ma solo sui mezzi pubblici e nei negozi.
Poi è arrivata l’estate, l’epidemia è andata scemando e si è fatto finta che fosse ormai alle spalle. Ed è arrivato un altro errore clamoroso: lo schema per dare a tutti la pizza gratis al ristorante, ad agosto, per incoraggiare la gente a uscire e a spendere. È stata un’iniziativa del Cancelliere dello Scacchiere, ossia il ministro dell’Economia, Rishi Sunak, ansioso di risollevare il Paese dalla recessione: ma si è rivelata fatale.
A settembre scorso il virus aveva rialzato la testa e appariva di nuovo fuori controllo. Questa volta dagli scienziati arrivano inviti a imporre un breve lockdown per spezzare la curva dei contagi: ma Boris non ci sente, e ancora a inizio settembre incoraggia tutti a tornare in ufficio.
E così si arriva a ottobre, quando i dati cominciano a somigliare di nuovo a quelli di marzo. Dovrebbe essere sufficiente a far scattare l’allarme, ma Boris continua a resistere: finché non resta travolto ed è costretto a imporre un mese di lockdown a novembre. Ma a quel punto è troppo tardi, perché si sta già diffondendo la nuova, subdola «variante inglese» del virus, molto più contagiosa.
Dunque quando il secondo lockdown finisce, dopo quattro settimane, i livelli dell’epidemia sono ancora troppo alti. Ma Boris sembra ansioso di garantire un Natale «normale» alla gente e annuncia che ci si potrà riunire come se niente fosse. La situazione a quel punto scappa di mano e Johnson deve all’improvviso schiacciare il freno, sospendendo all’ultimo minuto le deroghe natalizie. Troppo tardi: i contagi dilagano, ma c’è tempo per un ultimo passo falso. Il 4 gennaio il governo fa riaprire le scuole, solo per chiuderle il giorno dopo, quando è costretto a far scattare il terzo lockdown nazionale. Sembra una farsa, se non fosse una tragedia.