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 2021  gennaio 28 Giovedì calendario

Cartabia, un tecnico dal volto umano

Il suo autore preferito da giovane? Pavese. Il romanzo che l’ha più affascinata da adulta? I Miserabili. Il brano di musica che non cambierebbe con nessun altro? Schubert opera 100. La donna che per lei è stata un faro? Eleanor Roosevelt, perché in piena guerra fredda lavorava alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il professore che ha segnato la sua carriera? Joseph Weiler, l’americano con cittadinanza italiana che l’ha incamminata verso il diritto costituzionale europeo. E che di lei ora dice: «Marta fa parte di quell’esiguo gruppo di studiosi che mostrano entrambe le qualità: una straordinaria erudizione che abbraccia tutta l’ampiezza, locale e comparata, del diritto pubblico, così come un’originalità e creatività che erano già presenti nella sua tesi di dottorato, che ha anticipato gli studi nel suo campo di almeno vent’anni».
È solo una secchiona del diritto la giurista di 57 anni che l’11 dicembre 2019 è diventata la prima presidente donna della Consulta? E ha consegnato alla storia la storica frase sul “tetto di cristallo” caduto per le donne? Basta starle dietro una giornata per capire che lei è tutt’altro. Disponibile, comunicativa, dialogante. Anche adesso che il suo nome corre come premier. Aveva lo stesso atteggiamento quando si parlò di lei come prima donna al Quirinale. E quando, nell’estate del 2019, dopo la caduta del governo gialloverde, il suo nome veniva dato per palazzo Chigi, e lei smentì con un garbato «sono e resto alla Corte».
Eppure Cartabia ha tutti gli atout per camminare un gradino avanti agli altri. E non solo per il ruolo che ha avuto alla Consulta, dov’è approdata nel 2011 scelta da Napolitano. Vice presidente dal 2014. Sentenze d’ogni materia firmate da lei. Come quella del 2018 sui vaccini che non sbarra la strada alla tesi dell’obbligatorietà. Decisioni non solo sui diritti degli ultimi, dai detenuti alle donne, ma sui referendum, le leggi elettorali, il diritto d’impresa e tributario, su immigrazione e droga. Dal vertice della Corte s’inventa i podcast dei giudici, e cambia regole che hanno 60 anni con l’ingresso degli amici curiae e degli esperti.
Poi torna alla sua vita a Milano. Al marito Giovanni, che ha conosciuto a Liegi durante il suo primo soggiorno da giovane studiosa all’estero, quando il suo maestro era Onida. Ritrova i tre figli, adesso universitari, che nel 2009 portò con sé a New York per quello che considera «l’anno più avventuroso e ricco umanamente e professionalmente». In quel trinomio di un diritto costituzionale che è italiano, ma al contempo europeo e mondiale, c’è tutta la Cartabia che un collega definisce “rooted cosmopolitan”, giurista del mondo, ma radicata in Italia. C’è la studiosa di diritto chiamata come esperta all’Agenzia dei diritti fondamentali di Vienna e a far parte della Venice Commission.
È la giurista che sulla giustizia, a Repubblica, dice: «Deve sempre esprimere un volto umano: ciò significa anzitutto, come dice l’articolo 27 della Costituzione, che la pena non deve mai essere contraria al senso di umanità, ma che la giustizia deve essere capace di bilanciare le esigenze di tutti». Una Cartabia che in pieno Covid guarda ai giovani, alla scuola e all’università e avverte: «Devono tornare a essere la priorità tra tutte le priorità di questo inaspettato presente e devono essere preservate come bene essenziale perché qui si gioca una partita decisiva anche per la società e la democrazia di domani».