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 2021  gennaio 28 Giovedì calendario

Tasnim Ali, l’influencer con il velo

A novembre, dopo aver registrato un episodio di Tu non sai chi sono io il programma di Fremantle dedicato ai millennials, su Rai Play con sei nuove puntate Tasnim Ali sognava una carriera nella moda, e la sua preoccupazione più grande era che il padre l’Imam egiziano Sami Salem, a Roma dal 1994 le perdonasse la mancanza di impegno nella facoltà di scienze politiche. Oggi, tre mesi dopo l’esordio in tv, la sua vita è cambiata. A 21 anni è la prima musulmana col velo inviata del programma Ogni Mattina su Tv8, i suoi follower su Tik Tok sono 260.000, e i grandi marchi fanno a gara per accaparrarsela. Dai vestiti ai trucchi, dai gelati alle piattaforme (Amazon), tutti vogliono un tag sui social dell’influencer che spiega l’islam posando come una modella, intonando il velo ai filtri di Instagram e abbattendo con accento romano e piglio ironico ogni stereotipo sulla sua religione. 
LE AMBIZIONI«Mi piacerebbe ancora avere una carriera nella moda, perché per noi donne velate è un settore importante: le maggiori critiche le riceviamo per come ci vestiamo. Ora che sono in tv tutti vedranno che non dobbiamo per forza coprirci di nero. Si può essere modeste e stilose. Vestirmi per la trasmissione è un atto politico. E sinceramente di giornaliste col velo, nel nostro paese, non ne vedo molte». Essere influencer e voler sfondare nella moda, se si è di religione musulmana, in Italia è particolarmente complicato. Perché, oltre a dover lottare contro stereotipi e preconcetti duri a morire, a mancare sono proprio gli ingredienti principali della professione: i vestiti. «In Italia c’è un solo negozio per donne musulmane, a Bologna. O uso i veli di mia madre, o li compro su siti specifici, perché su Amazon non ci sono. Il vestiario si adatta: camice a maniche lunghe d’estate, d’inverno felpe come fanno tutte. Mi arrangio». La sua quotidianità è fatta di studio (poco) e certosino lavoro di comunicazione sui social: Instagram, che bazzica da quando aveva 12 anni, e Tik Tok, aperto alla fine dello scorso febbraio, nella noia del lockdown: «Ho avuto subito fortuna: non pensavo che postando video sulla religione si interessasse qualcuno». Nei suoi video (mai più di due al giorno) Tasnim racconta la sua vita quotidiana, balla, ride, sfida i suoi follower a colpi di challenge come qualsiasi millennial. In più, però, lei spiega, smonta, argomenta con pazienza: perché indossi il velo («Dicono che vestite col velo sembriamo coperte da una tenda»), quali siano i preconcetti più diffusi («Dire attentato islamico per attentato terroristico. L’Islam non è il terrorismo»), persino cosa significhi essere figlia di un Imam. «Una volta hanno offeso mio padre, dicendo che un Imam guadagna senza lavorare. Ho fatto rispondere a lui: è stato il suo primo video su Tik Tok e ora, quando posta, rimorchia più di me». Una strategia che sembrerebbe dare i suoi frutti: «Un po’ funziona. Per esempio i pubblicitari, anche in Italia, cominciano a chiedere donne musulmane. L’altro giorno mi è arrivato a casa, in regalo, un velo griffato di Tommy Hilfiger. Sono piccoli segnali. Ma se vai in giro, nei negozi, le commesse velate semplicemente non esistono. Mi batterò perché anche in Italia ci siano lavoratrici con il velo». 
LE SORELLELe sue sorelle, due maggiorenni e una minorenne, lavorano nell’agenzia di viaggi del padre (specializzata nei pellegrinaggi alla Mecca) oppure studiano. E tutte hanno mantenuto un rapporto speciale con l’Egitto, terra da cui provengono i loro genitori: «Mamma e papà sono di Mansura, io sono nata ad Arezzo. Ma mi ritengo metà egiziana e metà romana. Ogni estate andiamo a Porto Said. Ci tengo alle mie radici». Con i suoi follower è libera di parlare di tutto: «Papà non dice nulla, e con il suo silenzio è come se mi stesse indicando che posso fare quello che voglio, purché io prenda una laurea». Solo un argomento, ancora, resta tabù: «Giulio Regeni? Nessuno dei miei follower mi ha mai chiesto un parere. Le uniche domande che mi fanno riguardano la religione. Di politica non si è mai parlato».