Il Sole 24 Ore, 27 gennaio 2021
Spread, con i tassi spagnoli risparmi per 1,6 miliardi
Ci sentiamo al calduccio, sotto la materna coperta della Banca centrale europea. Ci freghiamo le mani constatando che, grazie ai massicci acquisti di BTp da parte della Bce, il debito pubblico italiano cresce ma la spesa per interessi diminuisce. Eppure la mini-turbolenza sullo spread di questi giorni, sebbene ieri il differenziale BTp-Bund sia sceso a 117 punti base, consiglia di stare con i piedi per terra: la Bce aiuta tanto, ma non può annullare del tutto la volatilità dei nostri titoli di Stato, né può cancellare gli spread rispetto agli altri Paesi. Nè, soprattutto, può proteggere l’Italia all’infinito. Non è un caso che il Paese nel 2020 abbia sì ridotto la spesa per interessi, ma meno che altri Paesi: se l’Italia avesse pagato l’anno scorso gli stessi tassi d’interesse di Spagna o Portogallo sui 489 miliardi di euro di titoli di Stato che ha emesso, avrebbe risparmiato ulteriori 1,6 miliardi di euro nel solo 2020 (secondo le stime di una primaria banca che preferisce restare anonima). Non poco.
La Bce e il mercato
Andiamo con ordine. Nel 2020, a causa della pandemia, il Tesoro ha aumentato il debito pubblico. Grazie al programma di acquisti da parte della Bce, però, non solo l’Italia non ha avuto alcun problema a finanziare questa spesa, ma anzi i suoi titoli sono stati gettonatissimi tra gli investitori e hanno potuto pagare tassi d’interesse sempre più bassi. Calcola il Tesoro, che nel 2020 il costo medio all’emissione dei nostri titoli di Stato sia sceso allo 0,59%: solo un filo sopra lo 0,55% del 2016, che rappresenta il minimo storico. Questo ha consentito all’Italia di ridurre la spesa per interessi: secondo i calcoli fatti dal Sole 24 Ore lo scorso dicembre, se il Tesoro avesse emesso la stessa quantità di titoli pagando i tassi del 2019, avrebbe speso 2,2 miliardi di euro in più. Non solo: la Banca d’Italia (che detiene con la Bce circa un terzo del debito pubblico italiano) restituisce al Tesoro gli interessi che lo Stato le paga. E non si tratta di poca cosa: nel 2020 ha ridato 7,8 miliardi e nel 2019 5,7. Dal 2015 la Bce ha restituito all’Italia ben 24,6 miliardi di euro totali. Non briciole.
Vista così sembra una vera e propria manna venuta dal cielo. E lo è. Ma tutto è relativo: nonostante la politica ultra accomodante della Bce, l’Italia continua infatti a pagare sul mercato tassi d’interesse ben più alti di quelli di tutti gli altri Paesi dell’Eurozona. Solo la Grecia ha tassi simili. Questo significa che abbiamo ridotto la spesa per interessi in termini assoluti, ma il nostro risparmio è stato inferiore a quello di altri Paesi. Ma significa anche che, nonostante il “pompiere” Bce, sui mercati la brace continua ad ardere.
I rischi sotto la coperta
Insomma: nonostante l’Eurotower, l’Italia resta esposta ai mercati e ai suoi rischi. Anche perché la Bce insieme alla Banca d’Italia detiene circa un terzo del debito italiano, ma i restanti due terzi sono sul mercato. E circa il 33% del nostro debito pubblico resta nelle (capricciose) mani degli investitori esteri. Ecco perché non bisogna sottovalutare alcuni appuntamenti cruciali dei prossimi mesi.
Il primo è quello di primavera, quando andrà presentato il Recovery plan all’Europa e – più o meno contemporaneamente – arriveranno i giudizi delle agenzie di rating sull’Italia. Proprio ieri Fitch ha lanciato un monito: «Se l’Italia non riuscisse a utilizzare le risorse del piano Next Generation Eu, il rating sovrano potrebbe essere messo sotto pressione al ribasso». E dato che Fitch ci valuta «BBB-» (con prospettive stabili), un declassamento porterebbe l’Italia negli inferi dei bond spazzatura. Con probabile turbolenza sul mercato.
Il secondo momento da monitorare arriverà verso la fine dell’anno o a inizio 2022, quando la Bce – se la pandemia dovesse mordere meno – potrebbe piano piano ridurre gli acquisti di titoli di Stato. Certo, resterà un importante attore sul mercato. E continuerà a tenere i titoli acquistati nel suo bilancio, reinvestendo quando qualche titolo scadrà. Ma il suo ombrello potrebbe piano piano ridursi. C’è poi l’instabilità politica italiana a pesare sui BTp. E il rischio elezioni: i mercati temono che alle urne vincano le forze no-euro, perché un’eventuale uscita dalla moneta unica significherebbe – per gli investitori – vedersi rimborsare i BTp in lire svalutate.