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 2021  gennaio 27 Mercoledì calendario

La beffe dei braccialetti elettronici

Gratta gratta, alla fine la telenovela del contratto tra ministero dell’Interno e Fastweb per i braccialetti elettronici è un po’ come la storia dei vaccini: comprati a dosi o a fiale? Sui dispositivi di sorveglianza a distanza il tema, ora si comprende, è lo stesso: fornitura «di» mille al mese, o servizio di monitoraggio «fino a» mille al mese, in cambio di 7,7 milioni l’anno da dicembre 2018 a dicembre 2021?
Mille al mese è ciò che veniva inteso, se le parole hanno un senso, in tutte le risposte date nel corso del tempo dai ministeri dell’Interno (che fece il contratto) e della Giustizia (i cui magistrati poi usano i braccialetti) alle varie interpellanze parlamentari, da ultimo il 15 gennaio il viceministro all’Interno Vito Crimi all’onorevole Roberto Giachetti: «Il contratto ha per oggetto l’affidamento di un servizio di monitoraggio con correlata attivazione mensile di 1.000 braccialetti elettronici, fino ad un surplus pari al 20%, per un massimo di 1.200 mensili». Incuriosiva allora la ragione per cui dopo i primi 24 mesi di contratto fossero «attivati 10.155 dispositivi», con «un residuo di 4.215 attivi», anziché 24.000 (mille al mese per 24 mesi). Al punto da indurre Giachetti a sbottare in Aula evocando persino l’intervento della Corte dei Conti.
In realtà, se ci si attiene alla parte non segreta del contratto, si ricava che la prestazione alla quale Fastweb appare tenuta non è fornire 1.000/1.200 braccialetti al mese, ma «consentire l’attivazione media di 1.000 dispositivi al mese, con la capacità di attivarne anche il 20% in più». Se vengono chiesti. Ma le richieste di attivazione da parte dei magistrati nella pratica sono state molte meno del previsto: ecco perché sui primi due dei tre anni di contratto, quando cioè sarebbero potuti essere attivati appunto fino a 24.000 braccialetti, il Viminale conteggia in tutto 10.155 attivazioni e 5.940 disattivazioni. Ed ecco perché il 15 gennaio sempre Crimi assicurava che «non risultano richieste pendenti da parte dell’autorità giudiziaria, tutte sono state gestite o programmate». Braccialetti ce n’è insomma a iosa, a differenza di anni fa, ma i magistrati li utilizzano poco, mentalmente preferendo i domiciliari puri (se fanno affidamento sull’arrestato) o altrimenti il carcere.
Il contratto
Fastweb si è impegnata con lo Stato a fornirne fino a 1.000 al mese per tre anni
Ma allora lo Stato paga 7,7 milioni l’anno anche se per assurdo viene attivato 1 solo braccialetto? L’azienda dice di essere vincolata a riservatezza dal ministero, che, interpellato sul punto, sinora non risponde. Ma, per quel che pare ricavarsi dal contratto, la risposta è no: oltre a due quote fisse (75.000 per il piano di lavoro e 400.000 per le postazioni di polizia), Fastweb è pagata a consuntivo bimestrale sul numero di attivazioni e di loro monitoraggi. Quindi, se su un tetto teorico triennale di 36.000 dispositivi attivabili il massimo da pagare sarebbe 23 milioni, è presumibile che i 10.155 sinora attivati siano costati circa 6,5 milioni.
Contratto diverso e ulteriore è invece quello in base al quale il 10 aprile 2020 il Commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, per conto del Dap-Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, ha affidato a Fastweb l’attivazione secca (non al mese) e aggiuntiva (in più rispetto al contratto 2018-2021) di 1.600 braccialetti per far fronte ad eventuali picchi derivanti dai decreti legge varati per ridurre i contagi nelle carceri. Qui sia la struttura commissariale sia l’azienda non hanno sinora comunicato il corrispettivo.