la Repubblica, 27 gennaio 2021
Il punto di Folli
Per quanto improbabile, non si può escludere del tutto che Giuseppe Conte riesca a reincarnarsi nel suo terzo governo. Dipende da circostanze che ancora devono non solo verificarsi, ma intrecciarsi tra loro in modo virtuoso.
L’uomo, si sa, è impolitico ma fortunato, come dimostra la sua storia nelle istituzioni. Tuttavia esiste una sola ipotesi su cui egli può far leva per risorgere ed è un esecutivo con la stessa maggioranza di prima (5S, Pd, LeU e Renzi ritrovato) più il manipolo dei “volenterosi” che in queste ore si sta costituendo in gruppo parlamentare. La carta, forse l’unica, di cui dispone l’avvocato del popolo è che il triangolo Pd-5S-LeU sta per fare il suo nome al presidente della Repubblica. Idem i neo responsabili di Tabacci, i quali tuttavia sono gli stessi che hanno votato la fiducia al Senato l’altro giorno: e si è convenuto che quella maggioranza molto relativa non è sufficiente per governare. Ora, acquisito che Renzi non porrà veti perché non fa errori così banali, resta il fatto che nemmeno indicherà Conte per il nuovo incarico. Di conseguenza, la coalizione solida chiesta dal capo dello Stato, fondata su numeri certi in Parlamento, al momento sembra non esistere.
Peraltro ogni altra combinazione – nel segno della “salvezza nazionale” o della “salute pubblica” – non è matura, ma se lo fosse non sarebbe di sicuro Conte a guidarla. Sarebbe una diversa figura, si vedrà se espressa dalla politica o dalle istituzioni. Del resto, il proposito di staccare Forza Italia, o una parte di essa, dall’alleanza di centrodestra per allargare attraverso tale via l’area di governo, descrive un’operazione molto complessa che per avere almeno una speranza di successo implica in premessa proprio l’uscita di Conte da Palazzo Chigi. A maggior ragione diventa necessario che al tramonto del premier corrisponda un salto di qualità. Il nuovo esecutivo, da realizzare in tempi rapidi, nasce per tranquillizzare insieme gli italiani e l’Europa. Vale a dire per garantire i primi circa i sussidi anti-Covid e le misure sanitarie, nonché per dimostrare all’Unione che l’Italia è in grado di gestire il Recovery plan e le connesse riforme secondo lo schema europeo, anziché usarlo per innaffiare la foresta delle spese clientelari volte a creare consenso elettorale.
La vera discriminante della crisi è qui.
Conte si appella allo «spirito europeista» in un messaggio che, va detto, non sembra una sfida al mondo bensì un gesto di buona volontà. Ma l’europeismo solo retorico ha fatto il suo tempo nell’era della pandemia. Il nuovo europeismo concreto e pragmatico coincide oggi con l’uso corretto delle risorse Next Generation. Le forze politiche, dal Pd ai Cinque Stelle, ma anche di opposizione, hanno la possibilità di archiviare i quasi tre anni di Conte rimettendo l’Italia al centro dell’Europa e cogliendo l’opportunità offerta dal gigantesco piano di prestiti e di aiuti. Senza dubbio Mattarella sarebbe lieto se la società politica fosse in grado di uscire dal passaggio critico facendo un simile passo avanti e chiedendogli di assecondarlo dal Quirinale. Il che potrebbe significare, tra l’altro, un accordo per delegare a un’autorità di prestigio e politicamente neutra la gestione del Recovery: un modo per offrire una cornice di garanzia anche al centrodestra. Comunque li si giudichi nel merito, si tratta di scenari suggestivi.
Tuttavia il cammino è ancora tutto da fare. E il tempo stringe.