la Repubblica, 27 gennaio 2021
A Tampa si vince con le idee
La domenica notte Tampa è diventata la nuova Title Town d’America ma anche un luogo eversivo. Almeno per tutti quelli convinti che senza stadi nuovi, incassi e diritti tv non si possa vincere. Tampa Bay ha impianti vecchi di trent’anni, tutti di proprietà pubblica, brand sotto la media, seguito modesto, basso reddito pro capite, eppure in pochi mesi è diventata la capitale americana dello sport: ha vinto la Stanley Cup nell’hockey su ghiaccio con i Lightning, è andata alle World Series di baseball con i Rays e ora giocherà il Super Bowl con i Buccaneers, il 7 febbraio al Raymond James Stadium, l’arena di Tampa: una finalista in casa per la prima volta nella storia Nfl.
Questa è la città dove tra cento anni nessuno si ricorderà se hai giocato a livello Pro, a meno di non chiamarsi Tom Brady, che a 43 anni disputerà il Super Bowl per la decima volta, dopo averne vinti sei con i Patriots. E la Florida è anche lo stato che, dopo aver ospitato la bolla Nba nel 2020, si dichiara pronto a organizzare nelle sue città l’Olimpiade, se Tokyo non dovesse farcela: «C’è ancora tempo» ha spiegato in una lettera al Cio il Chief Financial Officer dello stato, Jimmy Patronis.
Puoi stare, come Tampa, tra gli ultimi del ranking e senza introiti da Amazon, ma se prendi il giocatore migliore ti guadagni una chance. In un mondo popolato più da analisti finanziari che appassionati di sport, la rivincita delle idee sul potere dei soldi potrebbe provocare stordimenti. I New York Knicks sono il brand più ricco della Nba, giocano al Garden, eppure non vincono l’anello da quasi mezzo secolo. Non sono le revenue, ma le idee.
Title Town, le città che hanno vinto lo stesso anno i tre titoli nei campionati professionistici, sono state New York del 1927-28 con gli Yankees di baseball, i Giants nel football e i Rangers nell’hockey, Detroit nel ’35, di nuovo la Grande Mela nel ’69-70, Los Angeles l’anno scorso, ma parliamo di metropoli. Tampa è a metà tra la grande e piccola città, dove la gente dice “awesome, baby”, sorseggiando cubalibre sotto l’ombrellone. A Tampa, dove hanno trovato casa anche i Toronto Raptors (Nba) in fuga dal Covid, è il football universitario la vera religione: là finisce, secondo Forbes, gran parte dei soldi di sponsor e investimenti. Quello pro non era in cima ai pensieri di nessuno. I Rays valgono un miliardo di dollari, quasi la metà della media della lega di baseball, che è di 1,8. Nel ranking occupano il 28° posto su 30. I Lightning valgono 470 milioni, la media è di 667, 23° posto su 31. I Buccaneers appartengono alla famiglia Glazer, proprietaria del Manchester Utd, ma anche qui le cifre sono da fondo classifica: 29° posto su 32 per valore del brand. Come mercato tv, Tampa è al 13° posto. Alle finali di baseball contro i Dodgers, nelle prime due partite hanno fatto registrare lo share tv più basso dagli anni 60. Gli stadi, poi: quello del Buccaneers è stato costruito nel ’98 con soldi pubblici, quello del baseball, il Tropicana Field, nel ’90, l’arena dell’hockey nel ’96. Ma alla fine le scelte tecniche di affidarsi, pur con budget ridotti, a manager esperti e, come nel caso dei Buccaneers, al miglior giocatore di tutti, a cui garantire 50 milioni di dollari in due anni, ha ricordato una regola semisepolta ma sempre valida: si può vincere con le idee, senza fare bancarotta. Magari una volta sola, ma succede.