la Repubblica, 27 gennaio 2021
Il ceppo del 1986
Quando la nebbia è fitta avanza solo chi conosce la strada a memoria. Servono sherpa professionisti. Gli altri inciampano, procedono a tentoni. Nel buio della crisi al buio, però, qualcuno ci vede benissimo. Sono quelli che hanno tracciato il sentiero trenta o quarant’anni fa, quando i ‘nuovi’ quelli dell’anticasta, frontman in Parlamento e al governo – andavano all’asilo col panierino e ora stanno fermi, spaventati, non capiscono da dove arriverà il lupo. Lo sanno bene invece i vecchi comunisti, i socialisti, i democristiani. Sono tre eredi delle tre grandi tradizioni di partito novecentesche gli uomini che in queste ore tentano di salvare Conte e scongiurare le urne. Si chiamano Pierluigi Bersani, Riccardo Nencini, Bruno Tabacci. Provano a costruire il gruppo dei Responsabili, Centro democratico, si chiama ora. Sono una squadra già rodata. Nel 2012 lavorarono a “Italia Bene Comune”, la formazione che doveva essere l’allargamento al Centro di quello che poi fu il governo della “Non vittoria”, qualcuno ricorderà: il preincarico a Bersani che non trovò maggioranza, poi il via libera a Enrico Letta. Seguirono #enricostaisereno e la sulfurea ascesa di Matteo Renzi: il primo atto di questa partita. Nencini – che detiene il simbolo del Psi dato in prestito a Italia Viva per costituire il gruppo parlamentare, e che ha votato Conte al Senato – è stato fino a ieri mattina tentato di cedere il marchio al nuovo gruppo ma traccheggia, invece. Tiene i piedi in due staffe, equivicino. Non è sicuro di quale sia la carta vincente ma chi, del resto.
E però, ora che la palla è passata al Quirinale, è ancora più indietro che bisogna andare per capire la logica e la grammatica di chi sta manovrando la crisi. Al 1986, bisogna andare, e i più giovani allaccino pure le cinture perché per gli appassionati di politica questo è il luna park. “Il ceppo del 1986”, lo chiamano loro tra di loro. Sul ponte sventola Balena Bianca, e chi non conosce la storia della Dc non può capire. Sulla plancia di comando della crisi in corso c’è il gruppo dirigente della Direzione nazionale Dc di 35 anni fa, Sergio Mattarella timoniere, e prestate un momento di attenzione. Ne vale la pena. Foto di gruppo della Direzione scaturita dal diciassettesimo congresso, 26-30 maggio 1986. Palacongressi. Ciriaco De Mita segretario della Dc. Francesco Cossiga presidente della Repubblica, Luigi Zanda (oggi Pd) suo ascoltato e fedele consigliere. La foto di gruppo dei trenta componenti la direzione vede Sergio Mattarella insieme ad alcuni dei suoi principali attuali collaboratori, nello staff del Quirinale, e ad alcuni dei suoi più confidenti amici. Mattarella era stato mandato da De Mita a fare il commissario per la Dc in Sicilia, in quegli anni. Suo fratello Piersanti era stato ucciso dalla mafia sei anni prima, Leoluca Orlando era in Regione uno dei suoi collaboratori. Sergio Mattarella sarà costruttore della prima sindacatura di Orlando. La primavera di Palermo. In quella Direzione nazionale ci sono, tra gli altri, Pierluigi Castagnetti, Bruno Tabacci, Simone Guerrini, Paolo Cabras, Leopoldo Elia. Nel consiglio nazionale c’è Gianfranco Astori. Tra gli attuali consiglieri del Quirinale, le persone con cui il Presidente si consulta ogni giorno, ci sono Simone Guerrini (allora era delegato dei giovani Dc, poi in Finmeccanica), Gianfranco Astori (nota per gli appassionati: area Bodrato) e il brillante Daniele Cabras, figlio di Paolo, dirigente organizzativo e a lungo direttore del “Popolo” – scomparso nell’estate del 2020. Leopoldo Elia, giurista e ministro con Ciampi, è stato uno dei primi maestri di diritto di Giuseppe Conte. Un mentore, nelle scuole che si chiamano coi nomi dei santi, le scuole vaticane. Il governo in carica, nel 1986, era il secondo Craxi. Giovanni Goria, dc, ministro del Tesoro. L’anno seguente si insedierà il governo Fanfani: il sesto, quello dei cento giorni. Goria di nuovo ministro. Fra i consiglieri di area Andreatta – siamo nella sinistra Dc c’è Vincenzo Visco, poi eletto coi Democratici di sinistra. Quando bisogna nominare un nuovo consigliere Romano Prodi, che allora non era negli organismi di partito, segnala un giovane brillante allievo di Modigliani: si chiama Mario Draghi. È nella consunta agenda del 1986, dunque, che bisogna cercare per capire chi ascolta, Mattarella, quando vuole un parere sulla rotta da prendere. Prodi, Draghi, Castagnetti. Il suo staff, i ragazzi di allora o i loro figli. I più giovani – Enrico Letta, Dario Franceschini – eredi diretti di quella tradizione. È una crisi al buio, sì. Ma chi conosce la storia della Dc capisce bene. Postilla: rivedere Todo Modo (dal romanzo di Sciascia) regia di Elio Petri. Con Volontè che interpreta Aldo Moro, lo snodo di ogni cosa, e il centro congressi Dc come un bunker, e l’epidemia, e i megafoni che invocano l’obbligo di vaccino. La crisi politica che ne segue. Spoiler: non finisce bene. Controspoiler: l’ignoranza delle cose non aiuta, decide sempre chi sa. Chi ricorda perché c’era da prima e si fida dei suoi.