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 2021  gennaio 27 Mercoledì calendario

Sul libro di Kamala Harris

La rivista The Atlantic l’ha definita un personaggio a metà strada fra «Hillary Clinton in versione hip e Beyoncé». Alla cerimonia dell’Inauguration Day, il mondo intero era più incuriosito, attratto, affascinato dalla vicepresidente Kamala Harris che dal suo presidente. È verosimile l’ipotesi per cui Joe Biden potrebbe durare un solo mandato e lanciare lei per la corsa alla Casa Bianca nel 2024.Ora anche i lettori italiani hanno l’opportunità di leggere Le nostre verità, il libro in cui Harris racconta se stessa. Confezionato con abilità, è un misto di autobiografia, analisi politica, programma di governo. Uscì qui in America nel 2019, prima ancora che l’autrice annunciasse la sua candidatura alla nomination democratica ed era funzionale a quella campagna. Miracolo di astuzia politica: Harris in queste pagine riesce a non dire nulla di offensivo per Biden. Eppure un anno fa fu memorabile lo scontro nel duello tv in cui lei accusò di razzismo l’anziano senatore. Biden è stato magnanime, perdonandola e cooptandola. Ma le ragioni di quella riconciliazione sono evidenti nella storia personale e politica della prima vicepresidente donna e di colore. Cominciando dall’origine etnica: la parte più bella del libro, la più sentita, la più sincera, per il legame profondo con la madre indiana. La storia familiare è importante per la sua complessità: la vicenda di Harris non si può confondere con gli stereotipi sull’immigrazione che piacciono alla sua giovane rivale della sinistra radicale, Alexandria Ocasio-Cortez. Shyamala Gopalan, la mamma, nasce nell’India meridionale da una famiglia privilegiata, nella casta élitaria dei bramini tamil. All’età di 19 anni ha già la prima laurea, non ha ancora vent’anni quando nel 1958 si iscrive all’università di Berkeley in California. Lì consegue un dottorato in endocrinologia, poi si dedica alla ricerca oncologica. Il padre, nero giamaicano, è un celebre economista che ha insegnato prima a Berkeley poi a Stanford. Lungi dall’essere due vicende personali segnate dal razzismo, in altri tempi li si sarebbe additati come esempi dell’American Dream, di una società accogliente verso gli immigrati di colore, capace di premiare i loro talenti con il successo professionale ed economico. Anche la carriera politica di Harris ha poco in comune con la retorica di Black Lives Matter, che appiattisce tutta la storia americana come un unico romanzo criminale, dallo schiavismo delle origini al razzismo di oggi. Da magistrata non s’identificava con slogan quali «tagliare fondi alla polizia». Quando fu procuratrice a San Francisco, la percentuale di imputati condannati salì dal 52% al 67%. Come ministra della Giustizia della California, fu lei a promuovere una legge che consentiva di processare i genitori per i reati commessi da figli minorenni nelle scuole. In un libro precedente, uscito all’inizio della presidenza di Barack Obama, Harris era molto esplicita: «Tutti i cittadini rispettosi della legge si sentono più sicuri quando vedono i poliziotti presidiare i loro quartieri». Il clima politico è cambiato nel 2020 e l’attuale vicepresidente non si vanta dei suoi trascorsi di “giustiziera”. Però chi voglia capire chi lei è veramente, non deve fermarsi alla patina politically correct che i media progressisti le hanno incollato addosso. Quando la vedremo all’opera, capiremo ciò che Biden ha intuito: è una donna grintosa, piena di ambizione e di qualità, ma politicamente astuta e moderata.La sfida più impegnativa che l’attende, è ben definita in questo libro: «Non possiamo costruire un’economia che dia dignità e decoro ai lavoratori americani se prima non diciamo la verità: i salari non aumentano da 40 anni, stiamo chiedendo alle persone di fare di più con meno soldi». Il 2020, l’anno dell’elezione del ticket Biden-Harris, ha visto peggiorare ulteriormente le diseguaglianze. Pandemia e lockdown hanno arricchito ancor più i miliardari azionisti di Big Tech e i banchieri di Wall Street. Il paradosso è che questo establishment ha fatto la sua scelta di campo aiutando la vittoria dei democratici. Harris, cresciuta nella Silicon Valley, dovrà sfoderare carattere e intelligenza politica per convincere gli elettori di non essere la versione glamour di una sinistra prigioniera di quel mondo.