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 2021  gennaio 27 Mercoledì calendario

Quando i terroristi erano gli ebrei

Giampiero Mughini ha scritto un libro formidabile di cui non si può fare a meno. Si chiama Nuovo dizionario sentimentale (Marsilio) a richiamare il Dizionario sentimentale pubblicato ventotto anni fa, un libro che era, uso le sue parole, un capovolgere dalla a alla zeta le accensioni ideologiche della sua generazione, detonata nel Sessantotto. Ma vengo al punto. Il lungo capitolo centrale del Nuovo dizionario si chiama Quando i terroristi erano gli ebrei, percorso da giovani donne e uomini che si chiamano Golda Meir e David Ben-Gurion e Yitzhak Shamir, ma soprattutto da nomi sfumati nello sprofondo della storia più dimenticata. Sono le donne e gli uomini del Lehi e dell’Irgun, le formazioni di combattenti che nella prima metà del Novecento ingaggiarono una sfida terribile e sanguinaria coi mandatari britannici per conquistare metro a metro al loro popolo la terra di Palestina. È un tambureggiante andirivieni fra le altezze del valore e del sacrificio e gli abissi della ferocia, da una parte e dall’altra, dentro cui Mughini si muove affascinato, conturbato, inorridito, cioè con la forza del sentimento disarmato dagli obblighi dell’ideologia. Non so quanti oggi posseggano la capacità di Mughini di affidarsi all’empatia anziché alla presunzione del giudicare, quanti sappiano raccontare la storia attraverso le vibrazioni del cuore, ma sapendo che il cuore è attraversato dalla sottile linea di demarcazione fra il bene e il male, e che ogni cuore ha un lato nero. Lo dico in questi tempi in cui si pretende che nell’uomo batta un cuore provvisto solo del lato puro, ed è la pretesa dei cuori meschini.