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 2021  gennaio 26 Martedì calendario

Dior nel Castello dei tarocchi

La fanciulla entra smarrita nel «Castello dei tarocchi». Nel labirinto di stanze e passaggi e corridoi trova la strada e trova sé stessa. Consulta gli arcani maggiori e si affida al suo insaziabile desiderio di risposte. «È il mio invito ad andare avanti. A non avere paura. La sensazione di esserci persi non ci deve sopraffare», sintetizza Maria Grazia Chiuri che mette così in scena questa storia medievale di segni e amuleti per presentare l’Haute Couture firmata Dior con la regia dell’amico Matteo Garrone. Protagonista, nei meandri del castello di Sammezzano, in Toscana, Agnese Claisse, figlia primogenita di Laura Morante e George Claisse, ecclettica nel trasformarsi in fanciulla spaventata o seduttrice, o nel vestire gli abiti dell’io maschile. La stilista non si risparmia in virtuosismi couture e nel gioco-facile di rifarsi alla passione di monsieur Dior per l’esoterico, disegna una collezione che per ricchezza e tratto distintivo non passerà inosservata. Complice la potenza dei tarocchi viscontei miniati da Bonifacio Bembo che si ritrova nelle vesti ricamate o dipinte o intarsiate, nei colori pittorici, nei tessuti suntuosi (velluti, pizzi, chiffon, lamé).
Da una parte il lavoro più strutturale (mantelle, giacche Bar, pantaloni, gonne) dall’altra la tecnica couture della costruzione su manichino per drappeggi perfetti in cadute e piazzati. La Papessa, l’Imperatrice, la Giustizia, il Matto, il Diavolo a ognuna il suo abito. Un’ossessione-passione, quella per i tarocchi, che Maria Grazia Chiuri non nasconde certo e che l’ha portata anche ad incontrare il più grande fra i «lettori» viventi, Alejandro Jodorowsky: «L’ho contattato per saperne di più e quando si è offerto di leggermi le carte non potevo certo dirgli di no! I tarocchi sono per me una sorta di autoanalisi. Monsieur Dior li consultava sempre per dare un significato al futuro. Mi trovo d’accordo, specie in questo momento storico».
Super hero
«Chi dice che l’alta moda debba essere una fiaba? Nessuna fata, la mia è una super eroina»
Alla sua terza collezione couture per Schiaparelli, Daniel Roseberry già tiene con mano ferma l’eredità di una storia importante, legata a una fondatrice che è stata una stilista, tanto innovatrice quanto disobbediente, davvero unica, capace di lasciare segni e codici indelebili nel tempo, che siano «il» rosa shock o la zip, solo per citare i più facili. Lo stilista americano si affida a una dote in particolare (che poi era anche quella di madame Elsa), la visione dell’artista, e con questo «super potere» interpreta e riscrive. Cominciando da un’irriverenza che sarebbe piaciuta a Schiap: «Chi dice che la couture debba essere una fiaba fatta di ricami delicati e abiti graziosi?». Di conseguenza la sfida: «Voglio creare una couture alternativa». Eccome se ci riesce e l’enfasi con la quale la presenta condita dalla soddisfazione del successo dell’abito di Lady Gaga all’insediamento del presidente Joe Biden, rende tutto trionfante. Che siano le creazioni-gioiello (come l’abito di chiffon che si aggancia agli orecchini) o i capi «tecnicamente» avanguard (come quello in velluto e neoprene) o i pezzi più referenti (come la mantella di perline d’oro con il cappuccio ricamato a forme di capelli) o gli accessori del Dna (la pochette con il grande naso o i sandali con le dita d’oro). Per arrivare alla contestualizzazione più moderna della nuova fisicità con gli abiti di pelle o tessuto che sono come corpi scolpiti (con tanto di addominali e seno e spalle) da «super hero: «Altro che fate». E tutto questo con tecniche artigianali incredibili: «Dietro a questa magia c’è sempre una mano e una dedizione umana: la collezione è un omaggio a questo», ci tiene a dire Roseberry. Tanti e tali segni che avrebbe potuto essere non una ma cinque, sei collezioni e, sicuro, vestirà parecchi red carpet.
Io non ho paura
«Il mio invito ad andare avanti. La sensazione di esserci persi non ci deve sopraffare»
È una dichiarazione d’amore alla couture quella che Giambattista Valli firma questa stagione. Una struggente e romantica poesia composta con nuove parole. C’è il giovane Giamba, con i suoi volumi (sempre importanti) e i suoi decori (fiocchi e ruche) e c’è il saggio Valli che doma intemperanze e inquietudini e ogni pezzo, per quanto spumeggiante e ricco (sono tutti abiti da ballo o da sera) è di una leggerezza incredibile, quasi lo stilista abbia interiorizzato la necessità del muoversi con più libertà. E questo per quanto il tema e l’ambientazione scelta per il video siano importanti: l’Andalusia e Siviglia. «Un luogo che è l’incontro di due culture, ispanica e araba. Giusto parlarne oggi, che per me è il vero passaggio al XXI secolo. Educazione alla bellezza e alla cultura».