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 2021  gennaio 26 Martedì calendario

La rivincita di Fauci. Confessioni di una «puzzola in un pic-nic»

Confessioni di una «puzzola in un pic-nic». «Era quello che dicevano di me alla Casa Bianca, amichevolmente». Anthony Fauci, 80 anni, racconta al New York Times come ha vissuto l’anno della pandemia, nell’America di Donald Trump, tra «negazionismo» e «minacce» alla sua famiglia. Con ansia, qualche spavento, ma sempre con la convinzione che fosse giusto rimanere al suo posto di direttore del Niaid, il National Institute of Allergy and Infectious Diseases, la struttura guida nel contrasto al Covid-19.
Fauci ricorda di aver avuto i primi contatti con il presidente «a partire dal febbraio 2020». Cominciò subito male: «Eravamo in piena escalation dei casi nel Nord-est del Paese, in particolare nell’area metropolitana di New York. Io cercavo di descrivere la gravità della situazione, mentre il presidente rispondeva: “Beh, non va così male, no?”... C’era un’altra cosa che mi preoccupava molto. Era chiaro che (Trump ndr) attingeva notizie da gente che lo chiamava per dirgli: “Ehi, ho sentito di questa medicina, non è grande?”... Io provavo a spiegare con calma che per verificare l’efficacia di un farmaco, occorrevano sperimentazioni cliniche. Trump reagiva così: “Oh no, no, no, no, no, no, no, questa roba funziona davvero”...Non succedeva solo per l’idrossiclorochina; capitava la stessa cosa per qualunque tipo di medicina alternativa».
Verso la fine di febbraio, il presidente decise di gestire direttamente le conferenze stampa. C’era anche Fauci: «Avevo deciso che non avrei contraddetto il presidente di mia iniziativa... ma se un reporter chiedeva: “Sentiamo che cosa ha da dire il dottor Fauci”, io non mi sottraevo. Non provavo alcun piacere a contraddire il presidente degli Stati Uniti... Ma dovevo farlo, altrimenti avrei compromesso la mia integrità e avrei dato un messaggio falso al mondo».
Con la moglie
Anthony pensò di dimettersi, ne parlò con la moglie, ma decise di restare «per il Paese»
Da quel momento, però, «iniziarono i problemi». I collaboratori più stretti, tra i quali Peter Navarro, «erano molto irritati perché osavo contraddire pubblicamente il presidente». La Casa Bianca cercò di imbrigliare il virologo, stabilendo se e quando potesse rilasciare interviste. Fauci, però, non arretrò. «Dopo qualche uscita televisiva, mi è capitato di ricevere le lamentele telefoniche di Mark Meadows (il capo dello Staff della Casa Bianca ndr)». E Trump? «Mi chiamò un paio di volte: “Ehi perché non cerchi di essere più ottimista? Devi avere un atteggiamento più positivo. Perché sei così negativo?».
Il 28 marzo del 2020 iniziarono le minacce. «Qualcuno iniziò a intimidire mia moglie e i miei figli. Andai su tutte le furie. Come diavolo facevano questi str... a sapere dove abitavano i miei famigliari?». Le insidie culminarono con una lettera indirizzata allo scienziato. Dentro c’era una polvere sospetta, che per fortuna si rivelò innocua.
Di fatto Fauci non ha mai avuto una vera sponda nell’Amministrazione. Nè il vice presidente Mike Pence, né il consigliere Jared Kushner. Anzi «circolava una barzelletta alla Casa Bianca, uno scherzo amichevole; dicevano che ero come la puzzola in un picnic».Anthony si consultò con la moglie Christine Grady, ex infermiera e poi direttrice del Dipartimento di Bioetica nel National Institute of Health Clinical Centers: «Mi sarei dovuto dimettere? Esaminammo i pro e i contro. Considerai cosa fosse meglio per il Paese. Così restai». Ora Fauci ha aperto un altro ciclo, in prima linea nella squadra di Biden.