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 2021  gennaio 26 Martedì calendario

All’asta la Madonna di Della Robbia

Tra le molte forme che ha assunto il ripiegamento su se stessa dell’America di Trump, c’è anche la fuga non dallo spazio internazionale, ma dal tempo lungo del passato europeo. È così che si può leggere la decisione dell’Albright-Knox Art Gallery di Buffalo (New York), di mettere in vendita uno dei suoi più luminosi capolavori rinascimentali. Già nel 2007, quel museo era stato al centro di una profonda riflessione, a causa della sua decisione di vendere 200 opere d’arte pre-moderne per un ammontare di 15 milioni di dollari. Allora l’Albright-Knox Art Gallery esplicitò il suo movente: dedicarsi solo alla modernità, cioè all’arte contemporanea. Una decisione che è solo una delle tante spie di quello che Adriano Prosperi ha da poco definito “un tempo senza storia”, il nostro: e, d’altra parte, l’idea (profondamente distorta) che la storia riguardi il passato (e non gli uomini nel tempo, come scriveva già Marc Bloch) sta prendendo piede anche nelle istituzioni culturali, dai musei alle università.
Ora questo nuovo dogma del presentismo miete un’altra vittima: e dopodomani da Sotheby’s a New York va all’asta (insieme a molti altri capolavori italiani provenienti dalla collezione di Hester Diamond) questa dolcissima Madonna plasmata da Luca della Robbia tra 1440 e 1450. Un capolavoro, in cui Luca è davvero vicinissimo alla tenerezza di Donatello: ma senza i guizzi terribili, quasi feroci, dell’inventore del Rinascimento.
Ebbene, ora che l’America dichiara che il suo canone è più (poniamo) Barnett Newman che Donatello, noi italiani cosa facciamo? Proviamo o non proviamo a riportarci a casa questa Madonna – segnata dal passare del tempo, certo, ma ancora smagliantemente bella? Per farlo ci sarebbe una ragione che non ha a che fare con la retorica dell’identità (questa parola sporcata, ormai impronunciabile) o con un malinteso patriottismo, ma con l’aspetto più felice e trascurato del nostro Paese: la sua estrema diversità, la possibilità di trovare grandi capolavori dei grandi maestri anche nei più piccoli villaggi montani, o silvestri.
È questo il caso: perché la Madonna proviene da Santa Fiora, meraviglioso borgo di 2.500 abitanti sul Monte Amiata. Qua, nel 1866 – in seguito alle leggi eversive post-unitarie – il Comune entrò in possesso della chiesa di Santa Chiara dei Cappuccini, consacrata solo nel 1705, ma piena di opere d’arte più antiche, e circondate dall’affetto e dalla venerazione popolari. È ben possibile che la Madonna fosse nata proprio per Santa Fiora, forse commissionata dal conte Bosio I (1411-1475) di Santa Fiora, grande amante delle terrecotte invetriate (per esempio di quelle del nipote di Luca, Andrea).
Meno sensibili di Bosio, gli amministratori comunali del 1866 vendettero la Madonna a Léon Mathieu Henry de Somzée, ingegnere minerario belga attivo nella Toscana meridionale, e appassionato d’arte. Così l’opera usciva dal territorio nazionale, e iniziava una peregrinazione che evidentemente non si è conclusa con l’approdo a un museo.
Oggi il sindaco di Santa Fiora vorrebbe riparare all’errore del suo lontano predecessore, e cerca finanziatori che permettano al suo comune di riconquistare questa gemma perduta: una gemma che parte da una base d’asta collocata tra 700 mila e un milione di dollari. Ci sono poche ore: ma se qualcuno davvero vuole farsi avanti, sono più che sufficienti.
E qua si impone una riflessione. Il patrimonio culturale sconta da decenni gli effetti della fluviale retorica del “privato”: mecenati e sponsor vengono additati come salvatori della patria, provvidenziali sostenitori di uno Stato in ritirata. Le cose stanno, in realtà, al contrario: perché finora si sono visti quasi esclusivamente i privati for profit, buttati a capofitto per spolpare il patrimonio, per far soldi o farsi pubblicità. E quando il gioco si è fatto davvero duro (vedi i casi del Museo Ginori, o dell’Archivio Alinari) alla fine è stata sempre la mano pubblica a dover intervenire. Ora, dopo mesi drammatici in cui i più ricchi tra gli italiani sono diventati ancora più ricchi, possibile che non ci sia un vero mecenate disposto a riportare in Italia questa Madonna, davvero piena di grazia, ridonandola all’incanto del suo Monte Amiata? Ebbene, lo vedremo presto.